Venezia 76: il regista de La vita invisibile di Eurídice Gusmão è Presidente della giuria del progetto 28 Times Cinema
Karim Aïnouz ha trionfato a Cannes 2019 nella sezione Un Certain Regard con La vita invisibile di Eurídice Gusmão, che rappresenterà il Brasile nella corsa agli Oscar 2020 nella categoria Miglior Film in Lingua Straniera.
Lo abbiamo incontrato alle Giornate degli Autori in occasione della 76esima Mostra internazionale del Cinema di Venezia, dove ricopre il ruolo di presidente della giuria del progetto 28 Times Cinema che assegnerà il GdA Director’s Award.
Karim, rispetto al romanzo da cui è tratto La vita invisibile di Eurídice Gusmão ha dovuto apportare delle modifiche narrative o strutturali?
Mi sono ispirato molto al libro. L’autrice, Martha Batalha, ha fatto tante interviste a persone della generazione brasiliana degli anni ’50, per costruire una storia accurata e verosimile che ricoprisse moltissimi anni. Qualche cambiamento però da parte mia c’è stato: nel libro, ad esempio, Guida si sposa con un uomo di Rio De Janeiro e non scappa con un marinaio greco. Ciò che ho mantenuto assolutamente fedele al romanzo è stato il rapporto intimo e solidale fra le due sorelle, Guida ed Eurídice. Se fossero rimaste insieme, probabilmente avrebbero realizzato i loro sogni.
Com’è avvenuta la scelta delle due protagoniste?
Ho fatto circa duemila audizioni e la prima cosa che ho chiesto alle candidate è stato di pelare una patata per tre minuti, per vedere come reagivano. Prima ho scelto l’attrice che interpreta Eurídice, Carol Duarte, poi Guida (Júlia Stockler). Fare casting in Brasile non è facile perché le giovani attrici fanno molto soap opera e io non volevo un volto che fosse costantemente in tv. Ho scelto Carol e Júlia perché entrambe provengono dal teatro ed erano alla prima loro esperienza cinematografica.
Una scena de “La vita invisibile di Eurídice Gusmão”, premiato a Cannes 2019 nella sezione Un certain Regard
Nel Brasile di oggi ci sono ancora dei retaggi di quello raccontato nel film?
Sicuramente dagli anni ’50 ad oggi sono cambiate molte cose, però negli ultimi anni si è assistito a un ritorno del conservatorismo. La violenza sulle donne è molto diffusa in Brasile, che è il terzo Paese al mondo in riferimento a questo fenomeno. Ogni quindici minuti una donna viene violentata: ci ho tenuto a sottolineare questo aspetto anche nel film, perché affrontare il passato serve soprattutto a riflettere sul presente.
La candidatura all’Oscar riporta il Brasile all’attenzione internazionale. Qual è lo stato del cinema brasiliano di oggi?
Dopo anni di crisi, l’industria cinematografica brasiliana ha finalmente ricominciato a suscitare attenzione all’estero e a dimostrare al mondo quanto il nostro cinema sia ancora valido e vivo. In tal senso, concorrere per l’Oscar è davvero un passo importante e spero che questo momento fortunato prosegua anche in futuro.
Lei è Presidente della giuria del progetto 28 Times Cinema. Che consigli può dare ai giovani giurati che collaborano con lei?
Essere in giuria con dei giovani è interessante perché il loro sguardo è molto diverso dal mio. Forse il fatto che io non sia europeo permette loro di aprirsi maggiormente al confronto e al dialogo. Questa generazione sente la pressione di doversi realizzare ad ogni costo. Il consiglio che vorrei darle è di osare, di essere fuori dal coro e di fare cose nuove con tanta libertà. Solo rischiando si può riuscire.
Che rapporto ha Karim Aïnouz con il cinema italiano?
Mi piace molto. Sono un grande fan del cinema italiano, soprattutto di Antonioni, Fellini, Pasolini, Visconti. Registi fra loro diversissimi ma tutti capaci di entrare nel cuore, nelle viscere e nella testa dello spettatore. E poi amo molto le vostre attrici, in particolare Alba Rohrwacher.
Roberto Puntato