E’ un mondo cinematografico che andava costruito interamente quello de Il Primo Re di Matteo Rovere, che si imbarca in una vera e propria sfida (tecnica prima ancora che narrativa), aiutato da un budget rilevante, coperto solo in parte in Italia.
Il Primo Re è certamente un unicum nell’attuale panorama italiano, un film complesso, che edifica l’immaginario di una leggenda del passato ma che al contempo parla del presente. Lo fa lavorando sull’archetipo, svelando la potenza primordiale del mito e creando così un prototipo filmico che ha il coraggio di affermare con forza la propria identità.
Perché Il Primo Re è così pregno di simboli, temi e significati che è capace di raccontarci la radice più cupa e dolorosa del nostro oggi. In particolare, al centro della narrazione, vi è il rapporto dell’uomo con una divinità silente, inarrivabile e violenta, che chiede il sacrificio dell’amore, quello primario fra due fratelli.
Si trova dinanzi a un terribile dilemma, infatti, il Remo di Alessandro Borghi: ribellarsi a Dio risparmiando, così, la vita di Romolo (Alessio Lapice) o sottomettersi a un destino da cui pare purtroppo impossibile sfuggire?
Il Primo Re indaga il rapporto fra i due fratelli, sottoposti sin dalla prima sequenza alle prove di un fato che li vuole divisi e che non lascia spazio alcuno al libero arbitrio. Il processo degenerativo di Remo non nasce, infatti, da un demone interno, bensì da Dio stesso, villain implacabile, punitore della hybris di colui che pensa di poterlo scavalcare.
Più che per la scrittura (la sceneggiatura è di Rovere, Filippo Gravino e Francesca Manieri), però, Il Primo Re colpisce soprattutto dal punto di vista visivo, grazie alle iperdinamiche riprese illuminate dalla luce naturale degli esterni (la fotografia è del grande Daniele Ciprì), al realismo e alla crudezza della messinscena, al montaggio vorticoso e al carattere sorprendentemente sinestetico (merito soprattutto della colonna sonora di Andrea Farri).
Un film che scarnifica il linguaggio (è interamente parlato in protolatino) per appoggiarsi ai corpi lacerati, sporchi e sofferenti dei personaggi, che si aggrovigliano in una sequela di spettacolari e cruenti combattimenti, che ha ben poco da invidiare al cinema internazionale.
A scontarsi con gli uomini, oltre alla divinità, c’è una natura ostile, indifferente, feroce, certamente il protagonista centrale della pellicola. Il resto lo fanno i silenzi urlanti di Alessio Lapice, atterrato dalla stanchezza e dalla sofferenza, e gli sguardi infuocati di Alessandro Borghi, accecato dall’amore e dalla rabbia.
Ambizioso, potente, vivo, Il Primo Re è un film che merita assolutamente la visione; richiede pazienza, e tanta, ma dimostra che il cinema italiano è ancora capace di liberarsi e di volare. Al cinema dal 31 gennaio con 01 Distribution.
Roberto Puntato