Presentato in anteprima al Festival di Cannes (Quinzaine des Cinéastes) e alla Festa del cinema di Roma, arriva nelle nostre sale dal 1° novembre con I Wonder Pictures
Capitolo uno de Il Libro delle Soluzioni di Marc: “Il fallimento è una sequenza di soluzioni intervallate da problemi, intervallate da soluzioni“.
Alzi la mano chi non vorrebbe avere un libro di soluzioni per i problemi della vita. Marc Becker, paranoico alter ego di Michel Gondry, “triste la mattina e manipolato al pomeriggio”, ne scrive uno e lo condivide con il pubblico.
A otto anni dal suo ultimo lavoro per il cinema, Gondry torna con un film intimo e confidenziale e si avvale dell’ottimo Pierre Niney per il ruolo di Marc, regista in crisi creativa che si rifugia dalla zia, con parte dei suoi collaboratori (i più fedeli), per finire un film che non vogliono più produrgli e che neanche lui vuole vedere.
Gondry usa Niney come un sapiente burattinaio e, da bravo artigiano del cinema perennemente in fuga dalle logiche della produzione industriale, ci racconta che fine ha fatto in tutti questi anni, muovendo i fili di questo suo doppio, su un palcoscenico fatto di pellicola.
In quest’opera d’arte, perché diciamolo senza troppo indugio, definire “solamente” film le opere di Gondry è riduttivo, il mestiere stesso del regista è vivisezionato. Allora Niney si trasforma nella marionetta perfetta, megalomane egocentrico, irresistibile folle, timido a tratti dittatore, con lo sguardo da bambino curioso e con un’intelligenza esplosiva che culmina nella scena dell’orchestra.
Con Il Libro delle Soluzioni Gondry torna alla commedia, quella fatta a modo suo, difficile da inquadrare in una parola, perché l’arte a 360° a cui ci ha piacevolmente abituato trabocca in ogni scena. Il sorriso diventa lacrima, le immagini gravi diventano gioia per trasformarsi nuovamente in passaggi grotteschi.
Il quadernino delle soluzioni è per Marc, mentre lo scrive, una seduta di analisi autogestita; Il Libro delle Soluzioni, il film che Gondry condivide con noi, fa lo stesso: è un’allegorica analisi della sua depressione, della sua visione del Mondo e delle decisioni irrazionali che ha preso.
Il Libro delle Soluzioni è un omaggio a tutti gli artigiani del teatro e del cinema ed è un dono per zia Suzette, la più grande ammiratrice di Gondry, già consacrata ne La spina nel cuore del 2009, che nel film è interpretata da Françoise Lebrun e si chiama Denise.
Senza scadere nell’autocitazione, la pellicola contiene in sé tutta la poetica del regista francese. C’è la profondità di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, c’è l’immancabile Arte del Sogno, c’è l’odore de La Schiuma dei Giorni ed il sorriso malinconico, che straborda di amore per il cinema, degli Acchiappafilm di Be Kind Rewind. C’è anche la depressione di Kidding, la serie del 2018, ingiustamente sottovalutata.
“Mi chiedo come il cervello dello spettatore rielabori le singole parti e ricostruisca il mio film. Ma fino a che uno solo penserà che il film non è bello, non sarà quello il film perfetto” racconta Gondry a Le Monde.
Ebbene sì, non è un film perfetto, seppur ricco di ritmo e ironia pari alle opere scritte con Charlie Kaufman. Non siamo davanti alla soluzione cinematografica da Oscar, ma Gondry mancava al cinema e la sua poesia immaginifica mancava in questi tempi bui. Non possiamo che ringraziarlo.
Ilaria Berlingeri