Lauro (Paolo Briguglia) è un timido fotografo ventisettenne che vive con la madre Giacinta (Aglaia Mora). La sua vita è segnata da un segreto, che ha coinvolto il passato di suo padre Anturio, che il giovane ricorda appena, perché scomparso in un tragico incidente quando era ancora un bambino. Spedito in Sicilia per un lavoro, Lauro si reca nella piccola cittadina di Zafferano, alla ricerca di Margherita (Gioia Spaziani), una pittrice che sembra essere stata legata alla sua famiglia. Scoprirà una realtà molto più complessa di quella che immaginava.
Egidio Termine, nel ruolo di regista e sceneggiatore, tratta in Il figlio sospeso una tematica controversa e di fortissima attualità come la maternità surrogata. Lo fa costruendo una vicenda che va dipanandosi gradualmente, attraverso la continua alternanza di presente e passato, di ricordi fumosi e di cicatrici ancora sanguinanti. Ma soprattutto utilizzando ben tre punti di vista, quello del protagonista Lauro, e quello di due donne e di due madri, Giacinta e Margherita.
Ne deriva un film stratificato, che semina elementi che acquisiranno un senso solo una volta che comporranno il mosaico finale, caratterizzato da una fotografia cangiante a seconda degli episodi raccontati. Lo spettatore è chiamato a intraprendere lo stesso percorso di Lauro alla ricerca della verità e soprattutto di un’identità che stenta a formarsi a causa di tasselli mancanti della propria storia.
Il figlio sospeso indaga nelle anime, nelle emozioni, nei sentimenti dei suoi personaggi, mettendo in scena il dolore del sentirsi incompleti, ingabbiati, lacerati. Solo affrontare la verità, pur se temibile e angosciante, rende finalmente liberi e capaci di guardare al futuro, lasciandosi alle spalle un passato che troppo bruscamente si è cercato di trascurare o insabbiare.
Ci sono evidenti problemi di sonoro in Il figlio sospeso, ma ciò che più dispiace sono gli impacci legati alla narrazione, a causa di una sceneggiatura non sempre convincente. Decisamente troppo convenzionali risultano infatti alcuni snodi della trama, così come artificiosi e poco credibili sono alcuni dialoghi tra i personaggi, con cui purtroppo non si riesce mai ad empatizzare. Da un film che tratta tematiche così complesse, ci si sarebbe aspettati meno piattezza e maggiore profondità, oltre che un più accurato disegno dei personaggi. Ciò nonostante, si tratta di un film dignitoso e non disprezzabile, specie considerando ciò che il cinema italiano ci sta proponendo sempre più spesso negli ultimi anni.
Roberto Puntato