In ottemperanza al Decreto del Consiglio dei Ministri emesso il 4 Marzo 2020, lo spettacolo è rinviato a data da destinarsi
Il costruttore Solness è stato messo in scena di rado: un tassello quasi dimenticato della genialità di Henrik Ibsen. Ci pensano a riportarlo in scena il talentuoso regista Alessandro Serra, reduce dal successo di Macbettu, e un veterano del teatro come Umberto Orsini che vestirà i panni del protagonista.
Sul palco, assieme all’attore, Lucia Lavia, Renata Palminiello, Pietro Micci, Chiara Degani, Salvo Drago e Flavio Bonacci.
Note di regia
Solness è un grande costruttore che edifica la propria fortuna sulle ceneri della casa di famiglia della moglie, derubandola di ogni possibile felicità futura. È terrorizzato dai giovani che picchiano alla porta e chiedono ai vecchi di farsi da parte. Ma la giovane Hilde non si preoccupa di bussare, irrompe con implacabile energia. Solness si nutre della vita delle donne che lo circondano ma quest’ultima gli sarà fatale e lo accompagnerà, amandolo, fino al bordo del precipizio.
Se Solness è un costruttore, Ibsen è un perfetto architetto in grado di edificare una casa dall’aspetto perfettamente borghese e ordinario, nelle cui intercapedini si celano demoni e principesse dimenticate.
Il giorno del giudizio sotteso in tutta l’opera di Ibsen trova esplicita conferma nel momento in cui si arriverà alla sentenza finale. Una condanna inesorabile che sarà lo stesso Solness ad emettere contro sé stesso, senza pietà.
Solness soffre di vertigini, è già salito su una torre superando in un delirio di onnipotenza la paura del vuoto fino ad arrivare a dare del tu a Dio, minacciandolo di non costruire mai più chiese per lui. Ma dopo dieci anni il senso di colpa nei confronti della moglie e la paura di dover cedere il posto ai giovani lo indeboliranno e quando Hilde lo condurrà nuovamente in cima a una sua opera, si accorgerà che ciò che ha realizzato come uomo e come artista è troppo fragile per sostenere il peso della perduta felicità.
Dice Umberto Orsini
È da moltissimo tempo che nutro per Solness un interesse vivissimo. Paradossalmente le ragioni di questa passione stanno nella consapevolezza delle difficoltà che questo capolavoro di Ibsen può creare a chi osasse metterlo in scena. È la storia di tanti assassinii. Giovani che uccidono i vecchi spingendoli ad essere giovani e vecchi che uccidono se stessi nel tentativo di raggiungere l’impossibile ardore giovanile. Una storia segnata da uno spregiudicato esercizio del potere.
Cercavo un regista di grandi capacità visionarie per metterlo in scena e sono convinto di averlo trovato in Serra che mi ha messo al centro di uno spettacolo in cui la coralità dei personaggi, che circondano Solness come in una morsa che non dà scampo, gioca un ruolo fondamentale.
Sono orgoglioso di presentare una compagnia di giovani talenti che si confrontano con attori di più navigata esperienza con un senso della disciplina e della dedizione che mi fa ricordare le grandi compagnie di quel passato nel quale io ho ancorato le mie radici più profonde.
Grazie a Flavio, a Lucia, a Renata, a Pietro, a Chiara e a Salvo che hanno reso possibile il miracolo di farmi ancora una volta sognare.