Fresco vincitore dell’Oscar (non ritirato!) come miglior film straniero, ‘Il cliente’ conferma il talento dell’autore del bellissimo ‘Una separazione’. Dopo la trasferta francese con l’intenso ‘Il passato’, Asghar Farhadi torna nella sua Teheran narrando di una giovane coppia di attori teatrali, Emad e Rana, che si troverà ad affrontare una situazione di improvvisa e ingiustificata violenza che metterà a dura prova il loro rapporto. I due sono costretti a lasciare la propria casa per il rischio di crollo dell’edificio e a trasferirsi, grazie a un amico attore che con loro sta preparando ‘Morte di un commesso viaggiatore’ di Arthur Miller, in un appartamento lasciato libero da una donna misteriosa e dalle ambigue abitudini di vita. E’ una storia di rottura quella che narra il regista iraniano, che da subito ci mostra gli edifici in decadimento, i muri scrostati, i vetri rotti, i pavimenti instabili e una Teheran che si presenta come un grande cantiere aperto in cui tutto è al contempo in costruzione e in demolizione. Farhadi si concentra sulle conseguenze che un evento scioccante e inatteso ha nelle vite e nelle coscienze di due persone colte, sensate, consapevoli e morali che fino ad allora avevano vissuto il loro legame con placida normalità; vengono fuori così due modi di reagire contrapposti, pur se entrambi per molti versi condivisibili. Come nei film precedenti, il regista non da’ giudizi ma lascia parlare i volti, le voci e i sentimenti dei protagonisti, i quali vengono descritti pertanto con la consueta finezza psicologica. La tensione si respira fortissima sin dalle prime immagini de ‘Il cliente’, che si apre con la potente sequenza dell’evacuazione notturna del palazzo pericolante e con l’apparizione improvvisa della ruspa che ne sradica impietosamente le fondamenta. Ma vedasi anche la scena dell’aggressione di Rana, di cui viene mostrata solo quella porta lasciata aperta prima di fare la doccia, non rivelandoci mai cosa realmente accade dietro, ma trasmettendoci anzi un inquietante clima di sospensione e incertezza. O ancora la graduale scoperta da parte di Emad degli indizi lasciati in casa dal misterioso aggressore o del passato scandaloso e burrascoso della precedente inquilina. Come sempre nel cinema di Farhadi pubblico e privato, amore e ossessioni, fantasmi personali e sociali si incrociano e ingarbugliano in una fittissima e complessa rete di eventi che si dipana poco alla volta facendo emergere verità brucianti e fragilità dell’anima. Un incastro di storie ammirevole, che, come un thriller, è ricco di colpi di scena e di forti rivelazioni e che è supportato da uno stile visivo di sorprendente limpidezza e da una capacità espressiva di rara bravura. Il regista iraniano mette in scena il malessere della giovane borghesia di Teheran, divisa tra tradizione e modernità: una classe sociale ‘nuova’, che cerca di vivere il proprio presente in armonia col passato, ma che spesso si trova a scontrarsi sia con le rigidità della tradizione, che con una modernizzazione troppo veloce. E così Rana ed Emad, che conducono uno stile di vita apparentemente moderno ed equilibrato, mostrandosi aperti, generosi e in piena sintonia nel loro quotidiano, si trovano a dover fare i conti con reazioni prettamente conservatrici quando vengono violati nella loro intimità, perdendo rapidamente quei valori a cui credevano di essere fedeli. Ed entrambi debbono confrontarsi col perdono, con esiti molto diversi: soprattutto Emad, colto, docile e disponibile, scoprirà una brutalità che prima di allora non si era mai manifestata, una brutalità a cui non riesce a sfuggire e che si carica di una volontà di vendetta che va ben oltre l’amore e il senso di protezione che ha per Rana. Ma ‘Il cliente’ è anche un film sul mondo del teatro e in tal senso il riferimento ad Arthur Miller diventa fondamentale per comprenderne appieno il senso. Come infatti ‘Morte di un commesso viaggiatore’ era un’opera di critica sociale su un periodo della storia americana in cui la repentina e violenta trasformazione urbana e la conseguente ansia di modernizzazione stavano schiacciando senza pietà tutti coloro che non riuscivano ad adattarvisi, così anche ‘Il cliente’ mostra una Teheran che, come la New York di ieri, cambia a ritmo vertiginoso e abbatte non curante tutto ciò che ritiene vecchio e sacrificabile. Oltre all’Oscar, premi a Cannes per la migliore interpretazione maschile e per la migliore sceneggiatura.
Alberto Leali