Dopo vari cortometraggi e sceneggiature, la regista Anne Riitta Ciccone, di padre siciliano e madre finlandese, trova spazio alla Mostra del Cinema di Venezia aprendo come Evento speciale le Giornate degli Autori con il suo I’M (INFINITA COME LO SPAZIO), film di genere, creativo, unico e geniale, che parla di donne.
Tutto nasce dalle ossessioni della regista, che decide di trasformarle in sceneggiatura e al tempo stesso di scriverne un libro. Il progetto è durato circa un anno e vanta l’aiuto del marito di Anne Riitta, Lorenzo d’Amico de Cavalho, anche lui sceneggiatore.
Immagini colorate, spettacolari, curate nei minimi dettagli e costumi di vivace estrosità che rimandano al mondo dei manga e delle graphic novel. Guardando I’m, si notano infatti i gusti della regista: la fantascienza ma anche il neorealismo.
La novità di I’M è sicuramente l’utilizzo del 3D: Anne Riita è la prima donna che ha scelto di utilizzare questa tecnica ricreando un palcoscenico teatrale virtuale, nella speranza che possa essere un trampolino di lancio per tutte le cineaste come lei, sdoganandosi così dal maschilismo ancora dominante in quest’ambito.
Nel cast troviamo: Barbora Bobulova, Mathilde Bundschuh, Julia Jentsch, Guglielmo Scilla, Piotr Adamczyk, Katie McGovern, Vita Tepel, Henrieke Fritz, Yoon C. Joyce.
Jessica, 17 anni, “la sfigata” come la chiamano a scuola, si sente inadatta alla realtà in cui vive; vorrebbe essere come gli altri, ma non ci riesce. Rifiuta il suo mondo e la sua famiglia e l’unica sua valvola di sfogo è il disegno, grazie a cui mette su carta la sua realtà, creando una nuova interpretazione delle sue paure, delle sue piccole vendette personali e dei personaggi con i quali ha a che fare quotidianamente.
In sottofondo, la musica rock preferita dalla protagonista.
In occasione della presentazione veneziana, Zerkalo spettacolo incontra alla Villa degli Autori Anne Riitta Ciccone, che ci racconta del film.
ZS: Come nasce questo progetto e cosa l’ha spinta a farlo?
AC: L’idea è nata anni fa sulla base di alcune mie riflessioni personali, i miei soliti argomenti: emarginazione, pregiudizi e umiliazione. Mi sono resa conto con quest’ultimo film di avere chiuso una trilogia. L’input è nato da un evento accaduto in Finlandia, dove vive la mia famiglia. Mi sono chiesta: perché un adolescente che dovrebbe vivere al meglio un periodo fatto di turbamenti, amori e sbalzi di umore, arriva, poi, a fare alcune scelte radicali? Per questo, ho deciso di scrivere la storia di Jessica, ragazza di 17 anni che vive in un mondo che non è il nostro. Avevo voglia di parlare di questo argomento rifacendomi alla realtà, immaginandomi così il palcoscenico dell’inconscio di Jessica.
ZS: All’interno del film ci saranno dei flashback che ci portano a ricostruire la storia di Jessica passo dopo passo?
AC: No, assolutamente. Il racconto è tutto lineare. Anche quando narra i turbamenti della protagonista: entrano in scena mostri e streghe che non si sa mai se siano reali o frutto della sua immaginazione. E’una ragazza che disegna bene e che vive una forte pressione sociale perché ai margini della società.
ZS: Di solito si parte dal testo di un libro per poi farne una sceneggiatura, lei, invece, sdogana un po’ quella che è la prassi di molti…
AC: E’ vero! Qui è avvenuto il contrario. Mentre buttavo giù delle bozze sui personaggi, mi sono ritrovata contemporaneamente a scrivere la genesi del mio libro. Poi, essendo sposata con uno sceneggiatore, viene spontaneo lavorarci assieme, così ho portato avanti entrambi i progetti.
Il libro fa fede al film e secondo me va letto dopo, perché spiega le caratteristiche dei personaggi che ho amato e immaginato.
ZS: Come ha lavorato con gli attori?
AC: I protagonisti di un film sono persone che hanno un’anima e caratteristiche ben definite. Io tengo molto a collaborare con gli attori e alcune volte scriviamo insieme i dialoghi; è molto importante che loro si impossessino dei personaggi. E questo, secondo me si nota nel film. Chi lo guarda, vede che gli attori sono rapiti e posseduti da questi personaggi.
ZS: La prima donna che gira in 3D, un passo molto importante e coraggioso…
AC: Sì, ho scoperto adesso tutto questo. Sono convinta che la situazione oggi sia un po’ cambiata, per certi aspetti. In questo Festival, ho notato la notevole presenza di registe donne, sia italiane che straniere. Devo dire che è un bell’inizio, per porre fine al sessismo di cui tutte siamo succubi. Ho voluto fare un film di genere, il che, di solito, non è molto comune per una donna, ma il mio punto di forza è stato il rischio. Sono molto contenta del sostegno che ho avuto da Rai Cinema e da Francesco Torelli, con il quale siamo già arrivati a produrre il quarto mio film. Quando ho proposto i miei film in Finlandia, nessuno si è meravigliato che fossero realizzato da una donna. Qui in Italia è diverso, ti guardano come se fossi un caso anomalo.
ZS: Nel film c’è un’inedita Barbora Bobulova, ce ne vuol parlare?
AC: Barbora è stata contenta del ruolo che le ho proposto, perché diverso da tutti i precedenti che aveva fatto. L’ho trasformata del tutto, irriconoscibile, con un look dark, capelli sparati… Il suo ruolo è quello di una ex cantante rock che per una serie di ragioni si ritrova abbandonata a se stessa.
ZS: Com’è nata l’idea del titolo?
AC: Inizialmente il titolo era I’m (io sono), come l’inizio di una frase. Poi, è stata la colonna sonora del film che ha dettato le regole per il sottotitolo. Alla fine, abbiamo tradotto la frase della canzone che riverbera per tutta la durata, ed è nato così I’m, infinita come lo spazio.
Roberto Puntato