Il regista Ismael (Mathieu Amalric) sta lavorando ad un nuovo progetto, un film sul misterioso diplomatico Ivan Dedalus (Louis Garrel), ispirato alla figura del fratello che non vede da molti anni. Ismael è costantemente inquieto e schiavo dei propri incubi e fantasmi. Oltre alla perdita del fratello, infatti, non ha mai superato quella del grande amore della sua vita, la moglie Carlotta (Marion Cotillard), scomparsa 20 anni prima e creduta morta. Esasperato, proprio all’inizio della vigilia delle riprese, l’uomo fugge in una villa al mare lontana dal caos cittadino insieme alla sua nuova compagna, la premurosa Sylvia (Charlotte Gainsbourg). Qui, però, Carlotta misteriosamente ricompare, mettendo in crisi Ismael, il suo rapporto con Sylvia e l’equilibrio che faticosamente hanno costruito.
Dopo aver esplorato gli anni, gli amori e i rimpianti della giovinezza in I miei giorni più belli, Arnaud Desplechin decide di riaffidarsi a Mathieu Amalric per costruire quella che può definirsi la summa del suo cinema e della sua vita: l’ennesimo tassello della sua autobiografia in pellicola.
I fantasmi d’Ismael è, però, un lavoro troppo ricco e complesso per essere analizzato dopo una sola visione, ma andrebbe anzi guardato e riguardato per poterne cogliere tutti gli elementi. Ondivaga e profonda, squilibrata e spiazzante, la nuova fatica di Desplechin è anche la più labirintica e respingente, quella che colpisce meno al cuore lo spettatore, a causa dell’intricato schema narrativo, ma a cui non si possono negare un’energia e una forza fuori dal comune.
I fantasmi d’Ismael si immerge temerario nella sfera più intima del suo autore, ma anche nelle sue dinamiche creative, nelle sue passioni, nel suo rapporto con il cinema e i suoi maestri (su tutti, Bergman, Truffaut, Hitchcock e Godard). Il regista di Roubaix mescola le carte, che in fondo sono sempre le stesse che caratterizzano quel suo cinema così personale e inimitabile: la scrittura, la vita, l’arte, la famiglia, la coppia, l’amore, la perdita. Così, con infiniti rimandi agli autori che ama e alla sua stessa filmografia, realizza un’opera magmatica e in continuo movimento, che, come tutti i suoi lavori, trabocca di vita.
Un’opera che si alimenta di sussulti, rimpianti, passioni, strappi, cadute. Un’opera di incubi e fantasmi che non lasciano tregua, ma che anzi ritornano eternamente, disorientando e distruggendo. Desplechin la costruisce su molteplici piani narrativi, facendole imboccare le strade e le direzioni più diverse: e se ciò sconcerta lo spettatore, allo stesso tempo lo trascina in un tourbillon fascinosissimo di sentimenti, emozioni e contraddizioni.
E tra continui flashback, ellissi, giochi cinefili e accavallamenti narrativi, I fantasmi d’Ismael raccoglie di tutto: commedia, spionaggio, feuilleton, noir, dramma, autobiografia, fantastico, metacinema. Si presenta, così, come un film saturo, colto, doppio, esagerato; un film che confonde, interseca, sovrappone realtà e finzione, sogno ed incubo.
Desplechin si specchia, ragiona sfacciatamente sulla sua vita e sulla sua arte, come in una seduta psicanalitica: come Ismael, il suo alter ego, si serve del suo mestiere, e dei tormenti della creazione, per mettere ordine tra le trame della propria esistenza, per rinascere nonostante lo scorrere inesorabile del tempo e per raccontare la complessità dei sentimenti e dei rapporti umani. Perché il suo è un cinema che si nutre di finzione e che, tramite questa, insegue la vita e la cattura, sfuggendo a qualsiasi retorica o pedanteria.
Straordinari gli attori e il disegno dei personaggi: Mathieu Amalric è assolutamente perfetto in un ruolo di grande complessità e si mette in gioco totalmente, non temendo il ridicolo e gli eccessi; Marion Cotillard e Charlotte Gainsbourg incarnano due meravigliose ed opposte figure di donna, che incantano ad ogni singolo sguardo e movimento.
Alberto Leali