Presentato nella sezione Un certain regard, dove ha vinto per la miglior regia, è al cinema dal 16 maggio con Lucky Red
Nell’inverno del 1862, in piena Guerra di Secessione, l’esercito degli Stati Uniti invia ad ovest una compagnia di volontari per perlustrare e presidiare le terre inesplorate. I personaggi si ritrovano, così, a interrogarsi sul vero significato del loro impegno e della guerra stessa.
Dopo molti e notevoli documentari (termine in realtà parecchio riduttivo in riferimento alle sue opere), Roberto Minervini passa al film di finzione con il bellissimo I dannati, vincitore per la miglior regia a Cannes nella sezione Un certain regard.
Una pellicola storica e in costume, che però non sacrifica il realismo, l’intimità e il minimalismo meditativo dei lavori precedenti del regista, che realizza un viaggio che va ben oltre la mera narrazione bellica.
Minervini, infatti, fonde egregiamente tecniche documentaristiche e finzione cinematografica, trascendendo la mera rappresentazione e immergendo pubblico ed attori in un’esperienza emotiva e storica profonda.
Ciò che interessa a Minervini è esplorare le profondità umane e le contraddizioni del conflitto storico, ma anche quelle che segnano tutt’oggi il tessuto sociale americano.
I dannati del titolo lottano per trovare un senso nella loro missione, affrontando un ambiente ostile che si fa specchio, al contempo, dei loro conflitti interni.
Il regista predilige l’immersione sensoriale ed emotiva alla narrazione lineare: di qui anche la scelta di girare l’intera pellicola in esterni e con condizioni meteorologiche difficili, arricchendo il racconto di un palpabile senso di autenticità.
Attraverso l’isolamento dei suoi personaggi, Minervini ci mostra la guerra da una prospettiva inedita e marginale e ci induce a riflettere, proprio come i protagonisti, sull’ambiguità morale del conflitto.
Il suo è un attacco, di lirica potenza, all’idea distorta di eroismo e sacrificio spesso glorificati nei racconti bellici tradizionali, colpevoli di sacralizzare qualcosa che è invece profondamente crudele e disumanizzante.
Con I dannati, Minervini si conferma una delle voci più preziose del cinema contemporaneo, attraverso quella poetica visiva alla Malick con cui esplora le ambiguità e le peculiarità della società americana, immergendosi nei temi della memoria storica e delle radici culturali. Ma anche attraverso quella stupefacente prossimità con i soggetti filmati, le loro vite e le loro idee, che da sempre caratterizza il suo cinema.
Così, anche ne I dannati, la scelta di ritornare a un momento cruciale della storia americana, caratterizzato da profondi contrasti tra Nord e Sud, mascolinità tossica e questioni legate a razza, classe sociale e religione, si rivela consapevole e mirata, evidenziando come tali problemi persistano ancora nel tessuto sociale contemporaneo.
Paola Canali