Dopo la morte dell’anziana Ellen, la sua famiglia, composta dalla figlia Annie, suo marito Peter e i figli Steve e Charlie, comincia a subire una serie di tragici e misteriosi avvenimenti. La scoperta della verità sarà inimmaginabile e terribile.
Salutato al Sundance come uno degli horror più spaventosi degli ultimi anni, Hereditary – Le radici del male è innanzitutto l’inquietante storia di una famiglia che ha perso ogni connotazione di porto sicuro e luogo degli affetti per trasformarsi in una ragnatela di rancori, non detti e frustrazioni.
Hereditary inizia infatti come un dramma psicologico, che si avvicina gradualmente ad ogni componente della famiglia Graham, per indagarne l’animo, e soprattutto le paure e le ossessioni. L’esordiente e talentuoso Ari Aster opta per ritmi dilatati ed ipnotici e per numerose ed ampie panoramiche che sfruttando abilmente gli spazi in cui si muovono i personaggi. In tal modo, lo spettatore entra pian piano in un microcosmo famigliare segnato dalla morte e dall’equilibrio emotivo minacciosamente instabile.
Con sinuosi movimenti di macchina e alcune notevoli trovate registiche, a cui si accompagna l’insistenza sulle miniature e i diorami realizzati dal personaggio di Toni Collette, che ricreano la realtà familiare, Aster si muove tra una prima parte ancorata alla realtà e una seconda in cui l’elemento soprannaturale prende decisamente il sopravvento.
L’eredità del male a cui non si può sfuggire nonostante qualsiasi tipo di sforzo è infatti uno dei temi centrali del film, che ha il merito di non dimenticare la grande tradizione del genere (gli echi a film come Rosemary’s Baby, Shining e L’esorcista sono piuttosto palesi) e di rivisitarla con originalità scegliendo percorsi narrativi inattesi.
E questo, vista l’enorme mole di titoli horror prodotti negli ultimi decenni, è un bel passo in avanti per un genere che dimostra di avere ancora diverse cose da dire, specie se sostenuto da una sceneggiatura dalla struttura più complessa del solito.
Mettendo, così, da parte jump-scares e classiche trovate da film di paura, Hereditary si insinua gradualmente nella testa dello spettatore, rinchiudendolo in un labirinto di terrore, incubo e pazzia.
Ottimo, inoltre, l’intero cast, a cominciare dalla protagonista Toni Colette, alle prese con un ruolo rischiosissimo: se lei gioca sopra le righe, il suo partner Gabriel Byrne conquista per incredula e intimorita pacatezza, mentre i giovani Alex Wolff e Milly Shapiro hanno le facce giuste per incarnare i rispettivi dolenti personaggi.
Hereditary è dunque un horror atipico e di gran lunga superiore alla media, che farà la gioia di chi dal genere non pretende solo brividi, ma anche una meticolosa e raffinata messa in scena.
Alberto Leali