Dal 13 febbraio all’1 marzo per la regia di Francesco Frangipane
Jean-Luc Lagarce è l’autore al tempo stesso classico e contemporaneo attualmente più rappresentato in Francia dopo Shakespeare e Molière.
Dalla sua pièce Giusto la fine del mondo è stato tratto anche il film È solo la fine del mondo di Xavier Dolan premiato a Cannes 2016 con protagonisti Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Vincent Cassel, Marion Cotillard e Léa Seydoux.
Sul palco del Piccolo Eliseo, dal 13 febbraio all’1 marzo, la pièce di Lagarce va in scena per la regia di Francesco Frangipane e con un cast corale che comprende Anna Bonaiuto, Alessandro Tedeschi, Barbara Ronchi, Vincenzo De Michele e Angela Curri.
Trama
Louis – uno scrittore malato di Aids e prossimo alla morte – dopo essere stato lontano da casa per dodici lunghi anni, torna nel suo paese natale per rivedere i suoi familiari e comunicare loro la notizia della sua malattia e della sua imminente morte. Ad aspettarlo trova la madre vedova, i due fratelli Antoine e Suzanne e la cognata Catherine. I membri della famiglia reagiscono tutti in maniera diversa all’incontro: la sorella minore Suzanne è sinceramente felice di poter riabbracciare il fratello e, anche se quasi non lo conosce, prova un forte senso di abbandono; nel fratello Antoine si riaccende la gelosia verso di lui, che era sempre al centro dell’attenzione; la cognata Catherine, una donna gentile e insicura, cerca di metterlo a suo agio, stemperando gli eccessi del marito Antoine; la madre Martine, benché impreparata al ritorno del figlio, è raggiante e fiduciosa che in famiglia possa tornare il dialogo, interrotto anni prima o forse mai veramente iniziato. Louis andrà via la sera stessa, senza aver comunicato ai suoi il vero motivo della sua ‘visita’.
Note di regia
Giusto la fine del mondo è una storia dell’incomunicabilità nella quale nessuno riesce ad esprimere i propri sentimenti, dove il dialogo si riduce a inutili tentativi di riempire il vuoto con le parole. Un testo dalla poetica dirompente costruito su lunghi flussi emotivi in cui ogni personaggio grida la propria insoddisfazione e frustrazione.
Una bulimia di parole che ogni familiare vomita addosso al protagonista impedendogli di dire quello per cui è venuto. Un Louis tramortito e confuso, avvolto in quella ‘bolla’ che lo continua a tenere distante ma che in qualche modo lo protegge.
Ma anche un Louis, che uscendo da quella bolla, con estrema lucidità e razionalità si apre sinceramente e autenticamente al mondo. Il tutto in una domenica come tante.