Da martedì 9 a domenica 14 novembre 2021 per la regia di Maurizio Mario Pepe
Da martedì 9 a domenica 14 novembre 2021 al Teatro Belli di Roma, nell’ambito della rassegna teatrale TREND – Nuove Frontiere della Scena Britannica, a cura di Rodolfo Di Giammarco, va in scena in prima nazionale, “Girl in the Machine” di Stef Smith, tradotto da Maurizio Mario Pepe, che dirige sul palco gli interpreti e protagonisti Liliana Fiorelli ed Edoardo Purgatori.
Sulle scene curate da Nicola Civinini, con il sound design di Lorenzo Benassi e la supervisione al movimento di Jacqueline Bulnes, gli attori sono accompagnati dalla voce di Patrizia Salmoiraghi, nei panni del dispositivo Black Box. Fiorelli e Purgatori diventano così Polly e Owen, giovane coppia di sposi che vive la propria esistenza immersa nella virtualità, in una produzione a firma di Khora Teatro e La Forma dell’Acqua.
“Girl in the Machine” è un testo che va in scena dal 2017, fino al debutto a Bradway nel 2020. Un testo firmato dall’autrice Stef Smith – vincitrice nel 2012 del Premio Lawrence Olivier, con il testo “Road Kill” -, che indaga su tematiche più che mai attuali, figlie dell’epoca moderna e dei nostri tempi, in cui l’uomo è costantemente connesso ai suoi dispositivi e, sempre più spesso, disconnesso dalla vita reale.
L’esempio concreto lo danno due esseri umani che vivono da vicino i disagi di questa modernità, tra cui si riconoscono l’abuso di controllo della società sull’individuo, il contagio confuso tra lavoro e tempo libero, la difficoltà di proteggere la nostra vita privata, l’eterna tracciabilità contrapposta alla perdita di contatto con la realtà, l’ossessione del successo e la fatica di un corpo spesso ignorato nei suoi desideri e bisogni. In “Girl in the Machine” il pubblico osserva tutto questo come dalla finestra del palazzo accanto, rivivendo spaccati di realtà quotidiana – al tempo stesso epici -, in cui sarà molto facile riconoscersi.
SINOSSI
Ambientato in una realtà tecnologica, poco più evoluta della nostra, “Girl in the Machine” è un viaggio all’interno della vita di una giovane coppia sposata, i cui nomi sono Polly e Owen, due esseri umani che vivono insieme la loro esistenza totalmente immersa nella virtualità.
Owen fa l’infermiere mentre Polly è avvocato. Una donna in carriera, sempre impegnata nel suo lavoro, costantemente richiamata all’ordine dal suo cellulare che non smette mai di squillare. Per questo suo marito si sente trascurato ed è preoccupato per la donna che ama; decide quindi di portarle un nuovo gioco per il wellness, un dispositivo dal look moderno e accattivante, adatto a monitorare i livelli di stress ed il cui nome, è Black Box. Polly dimostra da subito un po’ di scetticismo nei confronti del nuovo tecnologico arrivo ma, tuttavia, inizia ad usarlo scoprendo che Black Box funziona. Il gioco la fa effettivamente rilassare e ben presto, scoprirà che è in grado di fare ben altro.
La donna ne viene rapidamente sedotta, al punto da sviluppare una vera e propria dipendenza con un conseguente distacco dal mondo reale, a cui si aggiunge anche l’allontanamento dal marito. Black Box non esegue solo ordini, ma chiede con voce suadente ai propri utenti, una sola e singola domanda, esistenziale se non addirittura escatologica; influenzando così la percezione umana, assottigliando, fino a dissolvere, la linea che separa il mondo fisico da quello digitale. Polly e Owen sono costretti a chiedersi se le loro definizioni di realtà e libertà siano le stesse. E mentre all’interno della coppia sorgono uno dopo l’altro molti dissidi, veniamo a conoscenza del successo che Black Box ottiene nel mondo e delle conseguenze che ha sulla società. Sembra che i proprietari di Black Box sfruttino la tecnologia per scopi sinistri.
Owen proverà in più modi a far disintossicare Polly. Fuori, il mondo è in tumulto contro lo strapotere della virtualità; nel loro appartamento, i due discendono tra le pieghe del loro rapporto; Black Box, ferma nel cuore di casa, lampeggia connessa. Riuscirà Owen a salvare Polly dal dolce oblio tecnologico, proprio quando la realtà sembra più difficile che mai?
NOTE DI REGIA, a cura di Maurizio Mario Pepe
La trama è una sorta di giallo, incentrato sulla dipendenza tecnologica; sembra che alla base di ogni forma di dipendenza, vi sia la necessità di evasione dalla realtà. Il testo punta il dito proprio su questo aspetto. La protagonista ha tutto ciò che le occorre per essere felice e procedere nella propria vita, tuttavia accade qualcosa che rompe il suo equilibrio e la farà precipitare; ma Polly non sarà la sola. In “Girl in the Machine”, Stef Smith scrive della dipendenza tecnologia, con conseguenze simili a quelle che associamo a forme più consolidate di dipendenza, per poi allargare la riflessione includendo tematiche legate al concetto di controllo mentale e ai modi in cui le nostre interazioni digitali possono essere monitorate e manipolate. Il percorso di Polly è inserito in un’emergenza sociale di massa, che metterà a rischio l’intera società umana. Questa circostanza porta il pubblico a riflettere sull’oggi, un mondo in cui alcuni individui hanno già i chip impiantati sotto la pelle, un mondo che già ospita il primo cyborg, Neil Harisbond, riconosciuto tale, per legge, dal Governo Britannico. Ma anche senza spingerci così in là, potremmo semplicemente considerare la devozione servile che molti hanno verso il proprio smartphone.