Non un semplice action movie, ma un’esperienza visiva che lascia a bocca aperta. Dal 10 ottobre al cinema con 20th Century Fox
Ang Lee è un regista temerario, lo sappiamo dai tempi di Vita di Pi e del più recente Billy Lynn. Con Gemini Man va ancora una volta oltre il limite, toccando stavolta il miracolo tecnologico con una pellicola girata interamente in 3D+ HFR, a ben 120 fotogrammi al secondo.
Henry Brogan (Will Smith) è un killer professionista che ha superato i 50 anni e decide che è giunto il momento di ritirarsi per godersi una pensione tranquilla. Venuto, però, inconsapevolmente in possesso di informazioni secretate su un progetto biotecnologico guidato dal suo ex capo Clay Verris (Cive Owen), Henry deve essere eliminato ad ogni costo. Per farlo, Clay si serve del suo soldato migliore, l’unico in grado di poter uccidere Brogan: il suo clone!
L’ultima fatica del regista taiwanese, che uscirà nelle sale italiane il 10 ottobre con 20th Century Fox, non è mero intrattenimento, ma una vera e propria esperienza visiva che segna un passo decisivo per la tecnologia in ambito cinematografico.
Più che per la trama, comunque godibile e avvincente, Gemini Man vale soprattutto per le straordinarie scene d’azione e i combattimenti corpo a corpo, che lasciano a bocca aperta per un livello di realismo e fluidità ancora inediti sullo schermo.
Impossibile infatti non esaltarsi per l’inseguimento in motocicletta, per la lotta nelle catacombe o per la sparatoria nel magazzino: il film di Ang Lee ha il merito di risucchiare lo spettatore all’interno dell’azione quasi abbattendo la barriera dello schermo.
Ma ancor più sorprendente è la presenza di un Will Smith ringiovanito e totalmente ricostruito in CGI (mosso però in performance capture dall’attore stesso in post-produzione), che è veramente impossibile distinguere da un interprete in carne e ossa. Il personaggio ricreato digitalmente riesce, infatti, a trasporre alla perfezione tutte le espressioni del suo interprete con una capacità mimetica stupefacente.
Come tutto il suo cinema, Ang Lee non manca nemmeno stavolta di indagare l’animo dei suoi personaggi: due uomini privati dell’amore, costretti alla solitudine e trasformati in macchine di morte, succubi di figure paterne egoiste e ossessive.
Alberto Leali