L’adattamento di Enrico Ianniello ispirato al romanzo di Budd Schulberg viene trasferito nella Napoli di 40 anni fa
Dal 3 al 15 dicembre sul palcoscenico del Teatro Argentina Alessandro Gassmann dirige Fronte del porto, trasferendo il classico dell’americano Budd Schulberg nella Napoli di quaranta anni fa, con protagonista Daniele Russo e un nutrito cast di interpreti impegnati in una storia corale dalla forte carica emotiva e sociale.
Legalità, giustizia e libertà, contro ogni forma di vessazione, sono i valori conquistati da questa comunità di onesti lavoratori, sottopagati e schiacciati dalla malavita organizzata, che trova la forza di rialzare la testa attraverso il coraggio di un uomo, simbolo di una presa di coscienza che lo porterà ad essere da complice del sistema criminale a esempio di riscatto.
Nato dall’omonima opera di Schulberg – a sua volta ispirato a un’inchiesta giornalistica dell’epoca e diventato la base della sceneggiatura del pluripremiato film con Marlon Brando diretto da Elia Kazan (otto Oscar nel 1954) – Fronte del porto torna a calcare le tavole del palcoscenico, dopo la versione teatrale dell’inglese Steven Berkoff, grazie a questo adattamento firmato da Enrico Ianniello.
Una riscrittura che – in equilibrio tra letteratura, cinema e teatro – fonde le suggestioni del testo originale con quelle dei poliziotteschi napoletani degli anni Ottanta, inserendo la vicenda nell’attualità partenopea, tra caporalato, sopraffazioni e gestione violenta del mercato del lavoro.
Sullo sfondo una Napoli che, con il suo golfo, il suo porto e la sua storia, si fa naturale palcoscenico degli eventi che si alternano in un crescente pathos, per giocare con le musiche dei film, con i colori sgargianti della moda, con i riferimenti culturali di quell’epoca, in cui, commenta Ianniello, «la città stava cambiando pelle nella sua organizzazione criminale; gli anni del terremoto, gli anni di Cutolo. Anni in cui il porto era sempre di più al centro di interessi diversi, legali e illegali. In questo lavoro mi è venuta incontro la rispondenza geografica, che è per me – fin dai tempi di “Chiòve” – un’importante cartina di tornasole sulla congruità dell’adattamento … E, purtroppo, non è stato necessario inventarsi nulla per restituire credibilmente le storie di caporalato, soprusi e gestione violenta del mercato del lavoro in quello specchio della città che è il nostro Fronte del porto».
Lo spettacolo restituisce la potenza della storia, lasciandoci immedesimare nelle intense e rabbiose relazioni tra i personaggi che la popolano: «Credo che in questo momento in questo paese non ci sia storia più urgente da raccontare di Fronte del Porto – racconta Gassmann – Ho chiesto ad Enrico Iannello di spostare l’azione dagli Stati Uniti degli anni 50 a una Napoli degli anni 80, dove la camorra era organizzata e presente tra gli operai del porto industriale. La scelta è caduta su un testo e una tematica che mi coinvolgono profondamente e che portano verso una ricerca di libertà faticosa. Ricostruiremo la vita del porto, le vite degli operai, i loro aguzzini, attaccandoci ai suoni, ai rumori, ai profumi e alla lingua di questa città. Cerco sempre di ricostruire mondi credibili nei miei spettacoli, pensando ad ogni tipo di pubblico, nella convinzione che ora come non mai il teatro debba essere arte popolare, di difficile esecuzione ma di semplice fruizione».