La commedia romantica Apple Original diretta da Greg Berlanti arriverà il 6 dicembre su Apple TV+
Per decenni, le domande che hanno perseguitato il progetto Apollo 11 sono state: Chi ha vinto davvero la corsa allo spazio? La NASA ha simulato lo sbarco sulla Luna?
In Fly me to the moon – L’altra faccia della luna, la sceneggiatrice Rose Gilroy, basandosi su una storia di Keenan Flynn & Bill Kirstein, prende questi dubbi e li mescola in quello che il film stesso potrebbe definire una ” versione alternativa” degli eventi.
All’epoca, l’impresa della NASA aveva un duplice significato: si trattava sia di raggiungere l’impossibile, sia di sconfiggere l’Unione Sovietica nello spazio. Eppure l’opposto del comunismo non è la democrazia, ma il capitalismo. Così, la sceneggiatura di Gilroy illustra come il governo degli Stati Uniti abbia sfruttato le strategie dell’era di “Mad Men” per commercializzare la missione lunare alle masse.
Ma veniamo alla trama di questa intelligente e gustosa commedia romantica ambientata nel contesto dello storico allunaggio NASA dell’Apollo 11. Assunta per rilanciare l’immagine pubblica della NASA, Kelly Jones (Scarlett Johansson), ragazza prodigio del marketing, si scontrerà con Cole Davis (Channing Tatum), integerrimo direttore del programma di lancio. Quando la Casa Bianca ritiene che la missione sia troppo importante per fallire, Kelly Jones viene incaricata di inscenare un finto sbarco sulla Luna come piano di riserva. A quel punto, il conto alla rovescia inizia per davvero! “La verità è ancora la verità, anche se nessuno ci crede”, dice Kelly a Cole. “E una bugia resta una bugia, anche se tutti ci credono.”
Francamente, ci sono poche possibilità che un film come questo sarebbe potuto uscire nel 1969. In realtà, è insolito anche per gli standard contemporanei, quando le commedie romantiche sono state quasi completamente relegate allo streaming, tranne poche non sempre fortunate eccezioni.
Con i suoi costumi in poliestere in stile retrò e una storia d’amore relativamente casta, il film diretto da Greg Berlanti risale a tempi precedenti e più innocenti, anche se presenta un paese in tumulto: la guerra del Vietnam stava dividendo gli americani in patria e il presidente Nixon voleva disperatamente realizzare la promessa di Kennedy di mandare un uomo sulla Luna entro la fine del decennio.
Entra così in scena Moe Burkus (il sempre ottimo Woody Harrelson), un oscuro agente governativo incaricato di istigare cospirazioni. Si presenta in un bar di Manhattan e offre a Kelly (che ha mentito vendendo tutta la sua vita) la possibilità di riscattarsi. Il suo compito è portare l’America a sostenere l’Apollo 11, il che significa convincere non solo il pubblico, ma anche una manciata di politici che si oppongono a un voto tanto necessario a Capitol Hill.
Dal momento in cui appare sullo schermo – indossando un finto pancione da gravidanza durante una riunione con un’agenzia pubblicitaria – Johansson mostra dove sta la morale di Kelly. L’attrice, che ci offre forse la performance più magnetica e carismatica della sua carriera, interpreta la parte di una truffatrice aziendale che si confronterà (e ovviamente innamorerà) del boy scout troppo cresciuto di Tatum. In una scena uscita direttamente da “Top Gun”, i due si incontrano in un ristorante lungo la strada a Cocoa Beach, in Florida, la notte prima di essere destinati a incrociarsi al Kennedy Space Center.
La sceneggiatura di Gilroy potrebbe non essere storicamente accurata, ma è rigorosamente ricercata e strutturata in modo ingegnoso, utilizzando aspetti dimenticati o poco pubblicizzati della missione sulla luna.
Confrontatelo con “First Man” di Damien Chazelle, lo sguardo più apertamente agiografico di Hollywood sull’Apollo 11 (e su Armstrong in particolare). Fly Me to the Moon non ha la stessa probabilità di essere mostrato nelle aule, ma è infinitamente più divertente, oltre che più rivelatore della società americana. D’altronde l’era moderna è tutta una questione di vendita, e anche un’impresa così importante doveva essere venduta alla gente.
Berlanti è un talento affermato e apporta al film una sensibilità populista simile a quella di Ron Howard – anche se il suo film è più “Quiz Show” che “Apollo 13”. Allo stesso tempo, infonde uno sguardo nostalgico (anche se un po’ limitato dal budget) a un momento storico in cui il il paese ha ormai accettato di buon grado ciò che ha visto in TV.
Channing Tatum e Scarlett Johansson hanno un’alchimia straordinaria, mentre il film è frizzante, esilarante, affascinante. Da vedere.
Maria Grande