Vittoria (Sara Casu) ha 10 anni e vive in un degradato paesino sardo con la madre Tina (Valeria Golino) e il padre Umberto (Michele Carboni). A qualche chilometro di distanza da casa sua, abita Angelica (Alba Rohrwacher), donna fragile e dedita all’alcool, che in realtà è la sua vera madre. Angelica ha ceduto Vittoria alla nascita, perché non si sentiva capace di occuparsi di lei; quando, però, la piccola viene a conoscenza della verità, sente sempre più il bisogno di avvicinarsi a quella madre così diversa dalla premurosa Tina. Fra le due donne inizierà, così, una lotta per contendersi l’amore di quell’unica figlia.
In un ruvido contesto rurale, una Sardegna assolata, polverosa e poverissima, Laura Bispuri (Vergine giurata) ambienta un’intensa storia femminile a tre, che racconta pulsioni e sentimenti ancestrali e fortemente radicati.
Figlia mia è un viaggio impervio e doloroso, quello intrapreso da Tina, Angelica e la piccola Vittoria alla ricerca di un equilibrio che non implichi necessariamente il sacrificio di una delle tre, ma piuttosto una reciproca, preziosa accettazione. Due sono infatti i modelli materni che si scontrano nel film, entrambi fallimentari, eppure autentici e sinceri.
Tina è una madre premurosa e presente, che ha instaurato con Vittoria un rapporto così intimo e speciale, da escluderne perfino suo marito Umberto. Per lei, che un figlio lo ha sempre desiderato, Vittoria è tutto; e a tutto è disposta pur di tenerla legata a sé, anche ai gesti più estremi. Angelica è, invece, una ragazza smarrita, abituata a vivere sempre sull’orlo del baratro; lei ad avere una figlia non ci ha mai pensato e Vittoria è arrivata per uno sfortunato incidente. E’ la piccola che si avvicina gradualmente a lei, prima con timore, poi con curiosità, infine con amore: Angelica le insegnerà a liberarsi delle sue paure e a scoprire dentro di sé una forza e una sicurezza che non sapeva nemmeno di possedere.
Vittoria si trova, così, già a dieci anni, alla ricerca della sua storia e della sua identità: lei, che come Angelica si sente una diversa, spesso emarginata da quelle compagne che sente così lontane da lei, può, però, sempre contare su una madre come Tina, pronta a tutto pur di renderla felice. Sarà proprio Vittoria, attraverso una metaforica rinascita dalle rocce, a comprendere di appartenere in egual misura ad entrambe le sue madri e a riunirle in una famiglia nuova, che fa proprio degli errori passati i suoi punti di forza.
Figlia mia è un’opera raffinata e squisitamente autoriale, illuminata dalla fotografia calda di Vladan Radovic e impreziosita da ammirevoli piani sequenza, che valorizzano la forza del paesaggio, mettendola in intima correlazione con quella delle tre protagoniste.
Un racconto non sempre misurato e forse più di testa che di cuore, ma indubbiamente suggestivo, sensibile, potente. E soprattutto retto da tre ottime protagoniste, a cui sono affidati ruoli complessi e rischiosissimi: Valeria Golino e Alba Rohrwacher si dimostrano ancora una volta tra le interpreti più talentuose del nostro cinema, mentre la giovanissima Sara Casu è davvero una gradita sorpresa.
Alberto Leali