Intervista all’attore Fausto Russo Alesi, questi giorni in sala con il bellissimo Il Traditore di Marco Bellocchio, in cui interpreta il ruolo di Giovanni Falcone
Il palermitano Fausto Russo Alesi ha un curriculum teatrale e cinematografico che lo segnala come uno dei migliori attori italiani in circolazione.
Vincitore di prestigiosi riconoscimenti teatrali, come il Premio Ubu come miglior attore non protagonista e il Premio Persefone d’Oro, Fausto attira anche le attenzioni di insigni maestri del nostro cinema, come Silvio Soldini, Marco Tullio Giordana, Carlo Mazzacurati e Marco Bellocchio.
Lo ritroviamo, infatti, in questi giorni in sala nei panni di Giovanni Falcone nel nuovo film di Marco Bellocchio, Il Traditore, accolto trionfalmente al 72mo Festival di Cannes e unica pellicola italiana in Concorso.
Falcone è certamente una figura centrale della Storia del nostro Paese: una responsabilità grandissima per Fausto Russo Alesi quella di restituircela sullo schermo senza intraprendere la strada imitativa.
Come è stato confrontarsi con un personaggio così rischioso, portato sullo schermo diverse volte tra cinema e tv?
Emotivamente molto intenso: un onore e un grande senso di responsabilità, accompagnati dal bisogno di farmi veicolo per cercare di restituire il più possibile la sua umanità, il suo ostinato bisogno di giustizia, il suo isolamento, la sua concreta e meticolosa ricerca della verità. Ho cercato una possibile interpretazione di Giovanni Falcone provando ad allontanarmi dalla retorica e puntando a far sentire più la sua assenza che la sua presenza, a far percepire la sua eredità: la sua fermezza civile e morale.
Cosa pensi abbia spinto Bellocchio a sceglierti per il ruolo di Falcone?
Marco Bellocchio, va al di là di qualsiasi somiglianza col personaggio. Cerca di scovare nei tuoi occhi, nella tua voce, nel tuo corpo delle corrispondenze che riescano ad evocare qualcosa dell’umano di quel personaggio. Ho pensato che bisognava provare ad essere il più possibile trasparente per fare emergere con umiltà la sua grandezza che è nel ricordo di tutti noi. Bellocchio mi ha guidato alla ricerca di una “semplicità”.
Il rapporto tra Buscetta e Falcone è uno dei cardini del film. Come lo definiresti?
Fondamentale per raccontare un pezzo decisivo ed epocale di storia italiana. Ma anche due mondi a confronto: lo Stato rappresentato da Falcone e la vecchia mafia rappresentata da Buscetta. Un dialogo da due punti di vista così differenti, una linea di rispetto e curiosità reciproca, un viaggio nelle contraddizioni dell’essere umano, una possibilità di conoscenza delle scelte che “l’uomo” decide di fare. Era Falcone che diceva che per sconfiggere la mafia bisognava conoscerla: “Riconoscere che la mafia ci somiglia”. In questo credo che una figura come Buscetta, che non è certo un eroe, porta con sé la complessità e le sfaccettature, i dubbi, le debolezze e le atrocità di un uomo.
La prospettiva del racconto di Bellocchio non è quella del cinema di inchiesta, ma l’indagine psicologica della mente dell’uomo messo davanti al peso delle proprie scelte. Sei d’accordo?
Io forse la definirei… inchiesta nell’umano. La realtà… quella oggettiva, quella documentabile, è un dato di fatto imprescindibile e l’azione di Falcone è concreta e incontrovertibile. La psiche umana e il bisogno dell’umano di affermarsi, di essere riconosciuto, di cercare e di trovare un’identità illuminata o al contrario bestiale, fa sicuramente parte di quell’interesse che l’arte deve avere. Conoscere l’uomo e ambire alla sua evoluzione, tratteggiarne i suoi abissi, i suoi chiari e le sue ombre, è quello che un Maestro come Bellocchio ha fatto e continua a fare nei suoi film. Non a caso Bellocchio ha scelto di fare uno straordinario film su Buscetta legandolo alla tematica del tradimento.
Con Marco Bellocchio hai lavorato in molti suoi film, cosa ti piace del suo cinema?
E’ un cinema d’autore necessario, approfondito e che si interroga. E lui è un Maestro visionario, capace di mettere in rapporto il conscio con l’inconscio, il concreto con l’inafferrabile. Le sue storie raccontate per immagini hanno sempre una radice necessaria, un punto di vista vitale e spiazzante, libero e mai accomodante. Sono orgoglioso e onorato di far parte dei suoi film e di essere diretto dal suo occhio così attento e spero che questo rapporto si possa approfondire sempre più.
Oltre al cinema, la tua carriera teatrale è caratterizzata da prestigiosi riconoscimenti, dove ti vedremo prossimamente?
Al cinema sarò Achille Starace nel film “Il cattivo poeta” di Gianluca Jodice, con Sergio Castellitto nella parte di D’Annunzio. Quest’inverno, invece, porterò in scena, insieme ad una grande compagnia, “La commedia della vanità” di Elias Canetti per la regia di Claudio Longhi e a seguire sarò Macbeth nel “Macbeth” di William Shakespeare con la regia di Serena Sinigaglia. E poi…nuovi progetti in cantiere…a cui mi sono ostinatamente appassionato.
Roberto Puntato