Virginia Vallejo (Penelope Cruz) è una celebre anchorwoman colombiana che è stata a lungo amante di Pablo Escobar (Javier Bardem), il famoso Re della Cocaina. La donna ha chiesto asilo negli Stati Uniti e ha deciso di raccontare alla DEA gli anni della loro relazione e l’ascesa di Pablo. Ne emerge, così, una storia fatta di crimine, sangue e passione.
Escobar- Il fascino del male ha principalmente il difetto di essere arrivato dopo l’interessante film del 2004 con Benicio Del Toro e soprattutto dopo la serie tv di Netflix Narcos, che ha praticamente detto tutto, e anche bene, sul trafficante di droga più famoso della storia.
Ciò detto, Escobar non è affatto un brutto film, ma un biopic molto classico, che racconta culmine e caduta della carriera del Re della cocaina, coprendo un periodo di tempo molto ampio (più di una decade). È inevitabile, pertanto, che gli eventi narrati siano sviluppati più frettolosamente e approssimativamente che nella serie di Netflix, senza per questo privare il film di tensione e coinvolgimento emotivo.
Se c’è una novità, piuttosto, nell’Escobar di Fernando León de Aranoa, è certamente il punto di vista del racconto, che è quello della giornalista televisiva Virginia Vallejo, amante di Pablo per 4 anni, che diede alle stampe un memoir dal titolo Loving Pablo, Hating Escobar.
Peccato, però, che de Aranoa non punti abbastanza sull’inedito ed appassionato rapporto tra i due, discostandosene ben presto per privilegiare il racconto delle gesta di Escobar. Utilizza, così, la Vallejo come voce narrante della storia, ma la pone decisamente in secondo piano rispetto alla mastodontica e ben più sviluppata figura del suo uomo.
Eppure il racconto della loro tormentata liaison è certamente l’aspetto più interessante del film, quello che lo avrebbe differenziato dagli ingombranti lavori che lo hanno preceduto. Avremmo preferito, pertanto, che esso costituisse il vero fulcro della pellicola, anziché una sottotrama: invece Escobar opta per un percorso più convenzionale, partendo in medias res (Escobar è già noto e sotto l’occhio della DEA e sta preparando la sua campagna elettorale per entrare al congresso e cambiare la legge dell’estradizione dei criminali colombiani negli USA) e soffermandosi su eventi già ampiamente raccontati altrove.
Non mancano ovviamente omicidi e vendette di grande efferatezza e belle sequenze da mafia movie ispirate al grande cinema di genere, che assicurano un’indubbia efficacia spettacolare. Oltre alla regia di de Aranoa, ottima è la prova della coppia di protagonisti, che tiene realmente in piedi il film. Penelope Cruz, truccata, vestita e imparruccata in maniera eccessiva, interpreta con convinzione una stella della televisione colombiana; una giornalista sveglia e vanitosa, vittima del fascino dell’uomo più potente della Colombia. Ancor più bravo di lei è Javier Bardem, anche produttore, che oltre che per la sorprendente metamorfosi fisica, colpisce per intensità, carisma ed espressività.
Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2017, il film, nella versione originale, fa recitare in inglese (ma con un marcato accento ispanico) i due attori più amati del cinema spagnolo: una scelta infelice ma comprensibile, visto che è concepito per il pubblico internazionale. Un dettaglio che per fortuna si perde con il doppiaggio italiano.
Alberto Leali