Arriverà nelle sale italiane, il 26, 27 e 28 febbraio, Eric Clapton: Life in 12 Bars, il documentario di Lili Fini Zanuck, distribuito da Lucky Red, che omaggia uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi
Eric Clapton: Life in 12 Bars è un film lungo, intimo, ricchissimo; un viaggio intenso e sfaccettato dentro la vita tormentata (e perfetta per il cinema!) di «The Man of the Blues», come amava definirlo Chuck Berry.
Immagini di repertorio mai viste prima, fotografie, interviste, spezzoni musicali, preziosi filmati provenienti dall’archivio privato di Eric Clapton, esibizioni, backstage, ricordi d’infanzia e momenti più intimi si alternano grazie allo straordinario lavoro di montaggio di Chris King.
E’ dall’infanzia che inizia il suo racconto Eric Clapton: Life in 12 Bars: con l’amore dei nonni, che il piccolo Eric credeva i suoi genitori, e la crudele indifferenza della madre biologica. Un rapporto, quest’ultimo, che segnerà per sempre la sua vita, provocandogli un dolore profondo, una rabbia autodistruttiva e un senso di diffidenza, che molto influenzeranno le sue scelte. Solo la musica, o meglio il blues delle radici, di cui diventerà uno dei più grandi divulgatori, riuscirà a dare sollievo ai momenti più bui.
Si prosegue con i primi passi nella scena musicale londinese, in preda ai fervori della beat generation e degli anni della sperimentazione: gli incontri con gli ancora sconosciuti Stones, con Jimi Hendrix, Bob Dylan, Roger Waters, Aretha Franklin, la sua partecipazione agli Yardbirds, per poi passare ai Bluesbreakers e i Cream.
E ancora le amicizie con alcuni grandi della musica, come George Harrison, B.B.King e John Mayall; e soprattutto le donne, che Clapton cercava inquietamente nella speranza, forse, di riempire il terribile vuoto dovuto al rifiuto materno.
Zanuck mette a nudo, in particolare, l’amore per la moglie di George Harrison Pattie Boyd (la cui voce racconterà alcuni momenti del loro rapporto), che Eric non riuscirà mai ad avere completamente e per cui scriverà alcune delle sue più belle pagine di musica. E ancora la relazione con Lory Del Santo, da cui nascerà il piccolo Conor, l’unico che sembra smuoverlo dalla dipendenza dalla droga e dall’alcool, ma che morirà tragicamente.
Ancora una volta, però, sarà la musica a correre in aiuto del musicista, perché è grazie ad essa che troverà la forza di reagire e di rimettersi in piedi. Sì, quella di Eric Clapton: Life in 12 Bars è fortunatamente una storia a lieto fine: quella che vede un ormai sereno settantenne ancora innamorato del blues immerso in un nuovo, splendido quadretto familiare e omaggiato sul palco dal suo idolo e amico B.B. King.
Zanuck opta per un efficacissimo equilibrio fra il racconto dell’uomo e quello dell’artista, sottolineando l’imprescindibile legame tra i drammi e le gioie di Clapton e la sua straordinaria produzione musicale. A fare da guida alle trame del racconto, sono le voci dello stesso Clapton, di chi lo ha conosciuto ed amato, di chi vi suonò insieme e ne condivise i momenti più importanti.
Se amate “Slowhand”, Eric Clapton: Life in 12 Bars è, ovviamente, un film da non perdere; ma anche per chi non lo conosce affatto o lo conosce appena, non sarà difficile appassionarsi alla sua vicenda così unica ed umana.
Alberto Leali