Torna dopo 10 anni dal suo ultimo e controverso lungometraggio ‘Black book’ il regista olandese Paul Verhoeven, che sceglie di adattare per lo schermo il romanzo ‘Oh’ di Philippe Dijan e di girare per la prima volta in Francia e in lingua francese. Come protagonista troviamo Isabelle Huppert, capace di regalarci un’altra delle sue formidabili interpretazioni in un ruolo per certi aspetti simile a molti di quelli interpretati in precedenza, ma proprio per questo a lei perfettamente congeniale. La vicenda ruota attorno al personaggio di Michèle, donna ricca e indipendente, che lavora come manager per una società di videogames, assieme alla sua migliore amica Anna e al marito di questa, Robert, con cui da diversi mesi ha allacciato una relazione prettamente sessuale. Attorno a lei ruotano anche le figure del figlio tonto Vincent, fidanzato con una ragazza che partorisce un figlio non suo e che lo comanda a bacchetta, l’ex marito squattrinato Richard, con cui i rapporti paiono rimasti piuttosto sereni, l’anziana madre Irène, che mantiene un toyboy che potrebbe essergli nipote, e i vicini di casa Rebecca, fervente cattolica, e suo marito Patrick, da cui Michèle si sente fortemente attratta. Ma soprattutto nel passato di Michèle c’è un evento traumatico che si ripercuote anche sul suo presente e che riguarda una serie di omicidi commessi senza una particolare ragione da suo padre quando lei aveva 10 anni. Il film parte forte: schermo nero, rumore di oggetti che cadono e si rompono, gemiti e urla derivanti da un rapporto sessuale; poi un primo piano sugli occhioni verdi di uno splendido gatto che osserva la scena e infine l’inquadratura che chiarisce tutto. Si tratta di una violenza, quella che subisce Michèle da parte di un misterioso uomo mascherato, il quale, completato il rapporto, va via lasciandola distesa a terra, insanguinata e con gli abiti a brandelli. Un inizio alla Michael Haneke, se non fosse che pochi secondi dopo vediamo la Huppert alzarsi, ricomporre la stanza, buttare il vestito strappato, farsi un bagno, ordinare del cibo e accogliere la visita del figlio, con una tranquillità che mette quasi i brividi. Il giorno successivo la sua vita scorre normale, fra lavoro e incontri con le persone che vede di solito; certo, la donna si preoccupa di cambiare le serrature e di munirsi di efficaci mezzi di difesa, ma per il resto pare che nulla sia successo. Michèle decide di rivelare l’accaduto solo durante un’ordinaria cena con l’ex marito e i suoi amici: tutti risultano spiazzati e le chiedono perché non abbia denunciato la cosa, ma la donna non vuole essere compatita né mostrarsi come una povera vittima, quindi cambia repentinamente argomento e si concentra sulla cena. Tutto ciò fa comprendere subito che ci troviamo dinanzi a un film di perversa e fascinosa ambiguità, che i dialoghi taglienti e ironici e la recitazione superlativa della Huppert non fanno che accentuare. Sono tante le cose turpi che vediamo e che sentiamo in ‘Elle’, ma c’è sempre una frase o una situazione che stempera anche la scena più drammatica. C’è in particolare un sarcasmo che diviene arma per una critica feroce e quasi bunueliana a una borghesia alienata e anestetizzata a tutto, dalle reazioni indifferenti, imprevedibili e disarmanti. E soprattutto c’è Michèle, che è così affascinante perché pare sempre avere la situazione sotto controllo, anche quando si trova coinvolta negli episodi più sgradevoli e scioccanti: molti la invidiano, la odiano, entrano in competizione con lei; molti la desiderano, per quella sua conturbante carica erotica, derivante da un atteggiamento così inquietantemente tranquillo, distaccato e sicuro di sé. Un personaggio incredibilmente sfaccettato, enigmatico, inafferrabile, ammaliante, che la Huppert rende alla perfezione in ogni sguardo, in ogni battuta, in ogni gesto. E come lei, il film non può che affascinarci, nella sua totale assenza di qualunque giudizio morale e nel suo essere così lontano da qualsiasi possibilità di catalogazione in un genere preciso. In quanto ‘Elle’ è tante cose insieme, e nessuna prende il sopravvento sull’altra: è una commedia, è un thriller, è un film psicologico, è un dramma borghese, è un rape&revenge. Tanti sono gli argomenti trattati, tante le riflessioni che il film induce: su tutte, quella sulla violenza, che alberga nell’ordinarietà delle nostre vite e a cui ci si è talmente abituati da non batter più ciglio, qualsiasi forma essa assuma. Un film spietato, sfacciato, sempre a cavallo fra luci ed ombre, che afferma però una libertà totale della donna: dal proprio passato, dagli uomini, dalle ipocrisie e dalle convenzioni borghesi, dalla vergogna, dalla morale, dagli eventi. Questa mattina, al cinema Quattro Fontane di Roma, la stampa ha assistito con entusiasmo all’anteprima di ‘Elle’ e ha potuto rivolgere molte domande al suo regista Verhoeven, il quale ha anche rivelato che sta preparando un nuovo film in Italia, ambientato nella Toscana medievale e ispirato alla storia vera di due suore. Dopo il convincente risultato di ‘Elle’, lo aspettiamo con ansia.
Alberto Leali