In scena dal 3 al 5 maggio
Sarà in scena al TeatroBasilica, per la prima volta a Roma, dal 3 al 5 maggio 2024, CANTO ALLE VITE INFINITE (progetto Terra mater matrigna), di e con Elena Bucci, musiche originali al pianoforte e alla fisarmonica Christian Ravaglioli. Produzione Le belle bandiere.
NOTE DI ELENA BUCCI
Sono cresciuta in una casa di campagna incastrata dentro un paese che cambiava in fretta, ho imparato il dialetto da donne burbere e forti, da uomini che parlavano poco e con le mani grandi. Non mi hanno trasmesso tutto il loro patrimonio di gesti e parole, quasi se ne vergognavano. Si inchinavano ad una nuova libertà che metteva in ombra i loro saperi. Quella bambina bruna che correva nel cortile era destinata a studiare, parlare l’italiano, vivere come un maschio, diventare cittadina del mondo. Sono fuggita e sono tornata, attrice, autrice e regista, come sognavo. Mettendo il mio sapere alla prova mi sono accorta di quanto poco conoscevo la mia terra mater matrigna, che, gelosa del mio girovagare, mi ha afferrato per non lasciarmi più. Ogni angolo di paesaggio mi parla, ogni persona è un romanzo. Cercando di riallacciare il filo con il passato, di ritrovare saperi e parole perdute, ho imparato ad amare ogni cultura. Lì esiste una porta magica che mi aiuta a trasformare le storie di un luogo in storia di tutti. La mia terra mater matrigna mi ha ispirato spettacoli e scritti, mi ha spinto a creare gruppi, a fare spettacoli ovunque, a riaprire al pubblico luoghi abbandonati e dimenticati, da un seicentesco palazzo ad un teatro, da una chiesina ad un ex macello. Continua, da vicino e da lontano, a sussurrarmi all’orecchio la sua lingua antica che trasforma la mia voce e il mio corpo, apre e incatena la mia immaginazione, fa ridere e piangere, lingua sottile dei poveri e dei ricchi che sa nominare la distesa rosa dei peschi in fiore e il colore del mare quando cambia la stagione, sa fare lo sgambetto ai potenti e dice la verità.
Rimango incantata ad osservare volti e vite, ad ascoltare racconti, memorie, ricordi. Ne creo una tessitura di storie sospese tra realtà e immaginazione dove risalta la tenacia di gente famosa e sconosciuta che fa della propria vita un dono, resistendo alla rassegnazione, all’egoismo, alla chiusura. Divento loro, uomo e donna, giovane, vecchia, bambino, do la mia voce a chi non ne ha avuta.
Come accade nei sogni, si saldano le fratture tra tempi e spazi diversi, fra vivi e morti e posso sorridere anche nella separazione, anche nella tragedia. Rivivo attraverso spettacoli diversi alcuni dei miei temi più cari: l’arte del teatro come strumento per comprendere e amare il mondo intorno a me, il desiderio di dare voce a chi non ne ha, lo sgomento per il conflitto feroce tra culture e religioni, il rispetto per la cultura e la memoria, l’amore per la multiforme bellezza del pianeta minata da un’economia e da una politica avide fino alla distruzione.
Ero immersa in questa ricerca quando è arrivata l’alluvione del maggio 2023. Parole, immagini, notizie, emozioni, sono entrate nella mia favola che pareva creata per accoglierle.
Sembro sola, ma sono circondata da una miriade di fantasmi che chiedono di essere raccontati. Se non lo faccio io chi mai lo farà? Siamo in un palazzo abbandonato, in una vecchia casa di campagna, in una palude di Romagna tra acqua e cielo, in una grande città, dentro un sogno o un’anima, sopra un albero incantato o nel giardino dei poeti. Possiamo incontrare una novantenne dall’anima di bambina, un cineamatore a cui sfugge la realtà, una formidabile donna cantastorie, un contadino che non vuole abbandonare la sua casa anche quando il fiume inonda la campagna riprendendo il corso originario. Tramandata di voce in voce una ninna nanna scongiura guerre e avidità contro le quali lotto aprendo le braccia per raccontare tutte le storie di tutti e non perderne le memorie. È un’impossibile impresa, un fallimento dichiarato che mette allegria. Non c’è nulla da perdere e una marea di cose da imparare.
Di tanti luoghi e tante persone che non dimentico voglio fantasticare in questo lavoro in parte dedicato ad Ivano Marescotti, amico e grande artista che di questa terra, di questa lingua e della sua poesia, è stato un meraviglioso cantore, migliorando con il passare del tempo come fa il vino buono.