Bologna, 2002. All’università divampano le proteste per la riforma del lavoro e un giuslavorista viene assassinato. La responsabilità politica viene attribuita a Marco Lamberti (Giuseppe Battiston), un militante di estrema sinistra condannato per omicidio e rifugiatosi in Francia da circa 20 anni in virtù della Dottrina Mitterand. Quando il governo italiano ne chiede l’estradizione, l’uomo è costretto a lasciare il Paese insieme alla figlia adolescente Viola (Charlotte Cétaire), che oppone, però, non poca resistenza. Intanto, in Italia, la sua famiglia, che non lo vede da quando ha trovato riparo in Francia, è vittima di pregiudizi e umiliazioni per il cognome ritornato alla ribalta sui giornali.
Dopo la guerra, esordio nel lungometraggio di Annarita Zambrano, è un film che riflette sull’eredità degli anni del terrorismo in Italia, raccontando la sua ricaduta sulla vita delle famiglie di coloro che lo hanno sostenuto. Ma soprattutto è una tragedia, intesa nel senso classico del termine, con al centro il tema cardine della colpa.
La Zambrano divide il film in due parti, raccontando in entrambe la storia di una famiglia: da un lato, quella costituita in Francia da Marco con Viola, mettendo in risalto il tema delle colpe dei padri che i figli si trovano a scontare; dall’altro, quella che l’uomo lascia a Bologna, costretta a fare i conti con il peso della memoria. Sua sorella Anna (Barbora Bobulova), in particolare, sposata con un magistrato e riparata fino ad allora nella sua ovattata vita borghese, dovrà prendere coscienza di non poter più ignorare la presenza di suo fratello come ha fatto per vent’anni.
Le due parti scorrono in parallelo, costruendo gradualmente i personaggi e le loro storie, riaprendo ferite mai rimarginate e rispolverando interrogativi ancora brucianti. La Zambrano non spiega né dà risposte, ma racconta una vicenda popolata di personaggi impossibilitati a vivere il presente, perché imbrigliati in un passato mai risolto.
Lo stile è quello minimalista e rarefatto di un certo cinema italiano d’autore, lontano da soluzioni registiche e narrative da sceneggiato tv ed intento a svelare gradualmente le psicologie dei personaggi. La regista mescola, infatti, l’analisi politica con un intimismo che non tende mai al melodrammatico, giocando piuttosto sulla sottrazione: riflette, così, su un lutto italiano non ancora elaborato e sulle ferite ancora sanguinanti delle nostre famiglie.
Ottimi gli interpreti, a cominciare da Giuseppe Battiston che recita con disinvoltura in francese, facendo emergere con efficacia la figura di un uomo impaurito e chiuso in se stesso, nascosto dietro la retorica ideologica del passato ed incapace di mettere in discussione ciò che ha compiuto. Notevole, per misura e compostezza, Barbora Bobulova, alle prese con il ruolo rischiosissimo e complesso di una donna colpevole di voler dimenticare le proprie ferite; intensa la giovane Charlotte Cétaire, che porta in scena lo spirito inquieto e ribelle di un personaggio che va a scontrarsi con la cieca autorità genitoriale.
Dopo la guerra è un film coraggioso e importante, che ci porta a confrontarci con un passato che per troppo tempo abbiamo sfuggito, spronandoci a non dimenticare ma anche ad andare avanti per superarlo.
Alberto Leali