In scena dal 5 al 9 febbraio
Dopo aver “postato” sulla sua pagina facebook un messaggio nel quale indicava che per questo tour il titolo dello spettacolo è lo stesso ma è un secondo capitolo. Alla domanda: “Ma è lo stesso spettacolo dello scorso anno?” Angelo Pintus risponde: “Molti mi chiedono se lo spettacolo è lo stesso della scorsa stagione teatrale. Il titolo è lo stesso, però capitolo 2 qualcosa vorrà dire… Ho pensato a quegli spettatori che sarebbero tornati a vedermi in teatro e allora, per evitare che rivedessero le stesse cose, l’ho cambiato… almeno per l’80% .Per questo è DESTINATI ALL’ESTINZIONE (capitolo 2)“.
Acume, cinismo, visione disincantata e lucida sulle nostre esistenze, sulla società in cui siamo immersi, complici più o meno consapevoli di un imbarbarimento che sembra inarrestabile, sulla natura umana, locale e nazionale le cui caratteristiche emergono in modo più eclatante se messe a confronto con quelle di altri popoli.
In “Destinati all’estinzione” tutto si sviluppa a partire da una traccia densa, concentrata e stabile sulla quale, in una pirotecnica improvvisazione organizzata, Angelo Pintus costruisce uno spettacolo brillante e divertente: quasi due ore di battute e risate coinvolgenti e senza interruzione.
Pur giocando sulla concretezza più immediata e affondando a piene mani nel vasto repertorio di espressioni tipicamente locali, il comico triestino si muove comodamente su un livello di astrazione notevole, facendo arrivare messaggi chiari e precisi in modo divertente e diretto alternando con intelligenza dosi omeopatiche ma illuminanti di matematica più o meno elementare, con inviti precisi a non farsi abbindolare dalle informazioni che ci bombardano.
Tra una battuta e l’altra giunge chiara la sollecitazione a valutare, riflettere, nutrire a piene mani il cervello per sviluppare un senso critico mai così necessario: non si può sempre distogliere lo sguardo e delegare l’impegno agli altri, perché “è il cittadino che cambia il paese”.
Abilissimo giocoliere della voce, con un uso preciso dei tempi e dei ritmi comici, Angelo Pintus fa volteggiare con naturalezza le parole creando senza sforzo costruzioni linguistiche di rara vivacità di certo adattate di volta in volta ai codici verbali del pubblico presente di volta in volta nei diversi luoghi.
Il canovaccio che sta alla base dello spettacolo appare poco a poco, tracciato su una grande lavagna posta al centro del palcoscenico dall’artista stesso, novello cantastorie, cronista sagace della “più grande involuzione umana della storia” dalla quale emerge tra l’altro l’attuale incapacità relazionale, esemplificata dall’insana convivenza tra il pervasivo odio verso gli esseri umani e la malata antropomorfizzazione degli animali domestici.
Si è diventati sempre più sordi e presuntuosi, al punto di credere di sapere cosa sia bene per il pianeta e per ciò che lo abita più della natura stessa o di poter leggere e decifrare a casaccio una realtà complessa com’è la vita.
Ecco allora apparire, dal flusso ininterrotto di narrazioni esilaranti, l’immagine di quella devastante combinazione di arroganza e di miopia che poco a poco ha distrutto la capacità visionaria insita nelle tante figure immense del passato grazie alle quali la nostra povera Italia aveva dato il meglio di sé al mondo.
Angelo Pintus dimostra una volta di più che il vero comico non è chi sa dire battute divertenti; è una persona capace di far arrivare ai contemporanei l’essenza dei problemi di un’epoca in modo subliminale, facendo saltare la resistenza del pubblico verso argomenti tenuti troppo spesso a distanza: scomodi e fastidiosi, ci interpellano e pretendono da ognuno di noi una risposta che non vogliamo dare. Se esposti in modo serio e posato, inducono al rifiuto.