Prodotto da A24, arriva al cinema dal 10 aprile con I Wonder Pictures
Death of a Unicorn segna l’esordio alla regia di Alex Scharfman, in un mix audace di horror, commedia nera e satira sociale. Con la produzione di Ari Aster e la distribuzione della A24, il film si inserisce nel filone di storie che mescolano il surreale e il grottesco, esplorando una realtà dove il mito incontra la logica del capitalismo. La trama ruota attorno a un padre, Elliot (Paul Rudd), e alla figlia Ridley (Jenna Ortega), uniti da un lutto e da un viaggio che, subito dopo un incidente su strada, li catapulta in una situazione bizzarra e terrificante. L’elemento scatenante è un unicorno, che viene investito dall’auto dei due protagonisti. Ma ben presto si rivela che la creatura mitica è tutt’altro che morta.

Il film gioca abilmente con il mito dell’unicorno, un simbolo di purezza e magia che, nel contesto di Death of a Unicorn, diventa il bersaglio di un’industria pronta a sfruttare ogni risorsa per il profitto. Scharfman non esita a mescolare umorismo e horror, alternando momenti di leggerezza a scene di violenza viscerale, creando una tensione palpabile tra il grottesco e il serio. La combinazione di elementi surreali con una satira sociale pungente permette al film di esplorare, sotto il velo di un intrattenimento apparentemente frivolo, temi più profondi legati alla mercificazione e allo sfruttamento.
L’unicorno, un tempo simbolo di un mondo incantato, diventa una risorsa da spremere, come dimostra l’evoluzione della figura di Odell, il cui morbo sembra svanire grazie ai poteri della creatura, e le manipolazioni della sua famiglia e dei suoi alleati, interessati solo alla merce biologica.
Il ritmo di Death of a Unicorn è serrato e la regia di Scharfman, senza fronzoli, costruisce una tensione crescente che si alterna con momenti di comicità nera e assurda. L’uso dei close-up e la fotografia dai toni pastello giocano un ruolo fondamentale nell’evidenziare la contraddizione tra la violenza sottile degli eventi e l’apparente leggerezza dell’atmosfera. Questo contrasto visivo aiuta a sottolineare l’assurdità della situazione, creando un effetto straniante che amplifica il tono paradossale del film.
Nonostante il film non punti a essere un’opera profondamente innovativa, si fa apprezzare per la sua capacità di intrattenere in modo originale. La regia di Scharfman si adatta perfettamente al tono grottesco della narrazione, senza mai indulgere troppo in esagerazioni stilistiche. Anche il cast contribuisce al successo del film: Paul Rudd è convincente nel ruolo del padre cinico ma fragile, mentre Jenna Ortega dona al suo personaggio una profondità inaspettata, confermando il suo talento. Will Poulter, nel ruolo del figlio di Odell, aggiunge un tocco di comicità maldestra che ben si inserisce nel contesto.
Pur in alcune sue evidenti imperfezioni, il film riesce a lasciare il segno, proponendo una riflessione sul nostro tempo travestita da commedia horror. La forza del racconto sta nella sua capacità di essere accessibile senza rinunciare a un certo spessore critico. La riflessione sul capitalismo, il consumismo e la mercificazione di ciò che un tempo era puro, passa attraverso il filtro di un’operazione visivamente grottesca, ma sorprendentemente sincera nel suo intento di provocare e divertire.
In conclusione, Death of a Unicorn è un’opera che diverte ma fa anche riflettere, con una vena provocatoria che non sfocia mai nella predica. È un film che gioca con il surreale, mescolando il tragico e l’assurdo, un perfetto esempio di cinema che osa guardare il mondo contemporaneo con uno sguardo ironico e acuto.
Federica Rizzo