Fino al 30 gennaio 2021 55 opere che evidenziano il ruolo svolto dall’Accademia nella costruzione, nella custodia e nella diffusione del mito dell’Urbinate tra Cinquecento e Novecento
Dal 22 ottobre 2020 al 30 gennaio 2021 l’Accademia Nazionale di San Luca inaugura la mostra Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate, a cura di Francesco Moschini, Valeria Rotili e Stefania Ventra, coadiuvati dal comitato scientifico composto da Liliana Barroero, Marisa Dalai Emiliani, Michela di Macco, Sybille Ebert-Schifferer, Vincenzo Farinella, Silvia Ginzburg, Arnold Nesselrath, Serenella Rolfi Ožvald e Alessandro Zuccari. L’allestimento dell’esposizione è curato da Francesco Cellini.
L’iniziativa si inserisce all’interno delle attività patrocinate dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 500 anni della morte di Raffaello Sanzio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
Raffaello Sanzio (1483-1520), morto all’apice della sua gloria a Roma, ha rappresentato, come ben tracciato già dall’artista e biografo Giorgio Vasari nelle sue Vite, una figura imprescindibile per il suo tempo e per le generazioni dei secoli successivi, un maestro e modello di riferimento con cui doversi necessariamente confrontare e a cui ispirarsi.
L’Accademia Nazionale di San Luca dedica a Raffaello, artista esemplare cui l’istituzione ha ispirato la propria azione nel corso dei secoli, una mostra che intende illustrare, attraverso 55 opere, sia appartenenti alla collezione che provenienti da importanti prestiti, il ruolo svolto dall’Accademia stessa nella costruzione, nella custodia e nella diffusione del mito dell’Urbinate tra Cinquecento e Novecento.
La mostra si snoda in 5 sezioni.
La prima sezione, Il San Luca “Di Raffaello” Icona Accademica, ruota attorno alla pala raffigurante San Luca che dipinge la Vergine, tradizionalmente attribuita a Raffaello e assunta come immagine-simbolo dell’Accademia Nazionale di San Luca almeno a partire dagli anni Ottanta del Cinquecento. Da quel momento, è possibile seguire attraverso varie tappe le azioni messe in campo dall’accademia romana per sostenere il consolidarsi del primato raffaellesco, anche attraverso l’analisi della fortuna di questo celebre dipinto.
Per la prima volta accanto all’opera dell’Accademia sarà esposta una sua fedele copia eseguita da Antiveduto Gramatica nel 1623, attualmente conservata sull’altare principale della chiesa dei Santi Luca e Martina
A corredo delle due opere, numerose traduzioni calcografiche, disegni e incisioni tratti da esse in epoca moderna, tra le quali spicca per qualità la stampa realizzata dal celebre incisore olandese Cornelis Bloemaert nel secondo Seicento.
Nella seconda sezione, Il Putto reggifestone e la sua fortuna, si ripercorre la fortuna del Putto reggifestone attribuito a Raffaello, giunto in Accademia attraverso il lascito testamentario del pittore Jean-Baptiste Wicar nel 1834 e immediatamente esposto nella galleria accademica, dove fu copiato da una schiera di pittori dilettanti e professionisti che poterono approfittare della visione ravvicinata di un affresco realizzato dall’Urbinate.
Tra questi il caso più illustre fu senz’altro quello della copia eseguita da Gustave Moreau nel 1858, che sarà esposta accanto all’originale, anche in questo caso offrendo un confronto inedito grazie al prestito del Musée Gustave Moreau di Parigi. Il Putto dell’Accademia, da alcuni considerata una prima versione di quello dipinto accanto al Profeta Isaia nella chiesa di Sant’Agostino e la cui autografia è da tempo discussa, è stato con l’occasione sottoposto a nuove indagini conoscitive ed è divenuto oggetto di studio di un team interdisciplinare di studiosi. Grazie a questa operazione, di cui il catalogo della mostra offre i primi risultati, sarà possibile nutrire il dibattito con aggiornate evidenze scientifiche.
La terza, Raffaello nella cultura e nella didattica accademica, costituisce un focus sul ruolo dell’opera di Raffaello nella cultura e nella didattica. In mostra i disegni realizzati dai giovani artisti in occasione dei concorsi accademici: varie sono infatti le copie da opere raffaellesche, in particolare dalle scene delle Logge Vaticane e dall’Isaia della chiesa romana di Sant’Agostino. A confronto, saranno esposti i materiali didattici sui quali questi giovani erano chiamati a formarsi, come le splendide incisioni dalle Stanze Vaticane di Giovanni Volpato, o l’album inciso da Giovanni Folo su disegno di Vincenzo Camuccini, dedicato all’ultima opera del grande maestro, la Trasfigurazione.
Completano la sezione oggetti che raccontano altre forme di promozione del mito di Raffaello attuate dall’Accademia nel corso della sua storia, dal poco noto disegno di Tommaso Minardi raffigurante il Cranio di Raffaello, che rimanda al culto e alle superstizioni legate alla presunta reliquia, conservata in Accademia fino alla fine del XIX secolo, o le medaglie celebrative commissionate in occasione del IV centenario della morte dell’artista.
La quarta sezione, Raffaello nella galleria accademica, raccoglie un piccolo nucleo di fotografie attraverso il quale sarà possibile restituire la centralità delle due opere raffaellesche possedute dall’Accademia – il San Luca e il Putto – negli allestimenti storici della collezione. Una centralità condivisa con la celebre copia della Galatea realizzata da Pietro da Cortona, inserita nel percorso espositivo.
Chiude la mostra la quinta sezione, Raffaello nell’opera dei maestri dell’Accademia, una galleria di opere dei grandi maestri dell’Accademia che illustra le varie declinazioni attraverso cui l’esempio del grande pittore di Urbino fu osservato, assimilato e rielaborato segnando in modo pregnante la storia dell’arte a Roma per un lungo periodo. Dalla scuola marattesca fra tardo Seicento e inizio Settecento, alla grandeur promossa da Charles Le Brun attraverso l’Accademia di Francia a Roma, alla piacevole pittura di Angelika Kauffmann nel pieno Settecento, alla predilezione del «primo Raffaello» del purista Antonio Bianchini, alla retorica magniloquente dell’Ottocento maturo con il monumentale San Luca di Francesco Podesti, dipinti, incisioni e cartoni racconteranno le svariate modalità con cui gli artisti accademici hanno rielaborato, nel tempo, l’esempio del maestro di Urbino, fino alla intimistica e suggestiva autorappresentazione di Achille Funi, che conclude l’esposizione.
In programma una serie di visite guidate a numero chiuso con i curatori nei giorni 24 e 26 ottobre, 9 e 23 novembre, 7 e 21 dicembre 2020, 4 e 18 gennaio 2021.