I Giornalisti Cinematografici insieme al Festival Trame assegnano il Nastro della legalità al film di Costanza Quatriglio sulla violenza privata che nasce dalla guerra. La consegna a Lamezia Terme
Nastro della legalità a Sembra mio figlio di Costanza Quatriglio che – dopo il premio andato a A mano disarmata, il film di Claudio Bonivento sulla vita sotto scorta della giornalista antimafia Federica Angeli – affronta un altro tema centrale nel dibattito civile sulla violenza, anche privata, che nasce dalla guerra.
“E’ un’opera”- come si legge nella motivazione dei Nastri d’Argento – “che parla, con forza, ma anche con grande attenzione all’intimità dei sentimenti più privati, di contrabbando di uomini, di sangue, persecuzioni e schiavitù, accendendo un riflettore su una delle tante tragedie fuori dall’attenzione mediatica di un mondo che fa distinzione perfino sull’orrore della guerra”.
Il premio nato un anno fa per iniziativa dei Giornalisti Cinematografici insieme a Trame – Festival dei libri sulle mafie (19-23 giugno) diretto da Gaetano Savatteri – dopo il riconoscimento al film A mano disarmata – sottolinea così, ancora una volta, doppiamente il valore di denuncia di quel ‘cinema civile’ che ha ritrovato nell’attenzione al sociale una nuova stagione di vivacità, in un’annata che non ha dimenticato titoli che esaltano il valore di condanna e resistenza contro ogni mafia e ogni persecuzione.
Nel passaggio dal cinema del reale al racconto di fiction, Costanza Quatriglio racconta la paura negli occhi di vittime innocenti in un film, prodotto da Andrea Paris e Matteo Rovere, che suscita sdegno e impone una riflessione su un traffico illegale e che fa vivere come un atto di illegalità il diritto all’asilo alla ricerca di una nuova vita.
Dice sul Nastro della legalità Laura Delli Colli, Presidente Sngci, a nome del Direttivo: “E’ nel segno di una ‘militanza’ attiva sui temi della società che il Sngci segnala, attraverso il cinema nella sua migliore tradizione di impegno civile, storie o ‘casi’ che quotidianamente segnano il nostro lavoro nella cronaca. Un Premio che ci ricorda che il cinema non vive solo di leggerezza, di red carpet e riflettori sullo star system ma, come insegna la lezione dei maestri di sempre, e come dimostra la verità di tanti piccoli film spesso indipendenti o in controtendenza, rende il cinema specchio della società e insieme strumento di denuncia sociale e di crescita civile. Proprio come dev’essere il lavoro di un buon cronista”.
Aggiunge, da parte sua, Gaetano Savatteri: “Il Nastro della legalità ancora una volta premia opere importanti per la vita civile di questo nostro Paese. Film particolarmente significativi per l’impegno e le ragioni che li motivano, ma soprattutto per far conoscere la realtà italiana e per sviluppare una nuova e maggiore sensibilità in una stagione in cui sembrano prevalere l’egoismo e l’indifferenza“.
IL FILM
Come Costanza Quatriglio racconta nelle note di regia, è la storia di un figlio che si rivolge alla madre creduta morta fino a quel momento, ma lei non lo riconosce. Da quell’istante una forza misteriosa lo porta alla ricerca del modo per ricongiungersi a lei. “ Il corpo di Ismail, la mitezza del suo viso, la sua voce sospesa tra gli angoli più angusti dell’Europa, ci conducono in un altrove che ci appartiene molto di più di quanto siamo disposti a immaginare” dice la Quatriglio. Dall’evocazione di posti lontani nel tempo e nello spazio a una concretezza fatta di carne e sangue, un viaggio alla ricerca di risposte che non esistono perché d esistere è solo la possibilità, per Ismail, di prendersi la parola, quella parola negata perché nessuno, fino a quel momento, l’ha ascoltata. Nella lingua madre riconosciamo la lingua del mondo, della pietà antica che non ha patria né paese né confini né frontiere.