I Cutler sono una famiglia di criminali da generazioni, che vive nella campagna del Gloucestershire, nel sud-ovest della Gran Bretagna. Il capobanda è Colby, interpretato da uno straordinario Brendan Gleeson, che tiene insieme le redini della famiglia e stabilisce ruoli e compiti di ogni membro. Suo figlio Chad (Michael Fassbender) è tormentato tra il rispetto e l’obbedienza a suo padre e il desiderio di dare una vita migliore a sua moglie e ai suoi figli.
Ancora un’interpretazione notevole per Michael Fassbender, che veste il ruolo, a lui perfettamente congeniale, dell’outsider in crisi, immerso in una gabbia da cui è impossibile uscire. Codice criminale è prima di tutto la storia di una famiglia che vive al di là della società e delle regole: una famiglia forzatamente indivisibile, composta da tre generazioni che non interagiscono sullo stesso piano. Una famiglia legata alle tradizioni (non importa se criminali), che ha sempre vissuto in maniera errante e in preda ai rischi, difendendosi e proteggendosi dal ‘diverso’. Una famiglia in cui, per alcuni versi, è anche possibile riconoscersi, con i suoi conflitti e le sue incomprensioni universali. Ma Codice criminale è anche la storia dello scontro tra il desiderio di riscatto e di integrazione nella società ‘normale’ con il pregiudizio che il mondo esterno ha verso ‘l’altro’, che viene messo nell’impossibilità di inserirsi in qualunque nuovo contesto. L’ingannevole titolo italiano, quindi, non rende giustizia a un film in realtà più intimo che action, nonostante non manchino, specie nella prima parte, concitati inseguimenti in automobile, girati con una certa abilità. Ciò che più interessa all’esordiente regista Adam Smith sono, infatti, i giochi di potere all’interno della famiglia Cutler, e il punto di forza di questo film è proprio il modo, sincero, coinvolgente ed empatico, in cui si raccontano i rapporti tra i suoi membri, e in particolare fra un uomo a un passo dall’emancipazione paterna, ma in realtà inevitabilmente perdente, e un manipolatore dispotico, forgiato dall’ignoranza e dell’orgoglio. Debole e un po’ ruffiano il finale, ma è un difetto di poco conto in un film che ci ha piacevolmente sorpreso e che avrebbe meritato un’uscita migliore.
Alberto Leali