Al cinema dal 18 aprile con 01 Distribution
Negli Stati Uniti è in atto una seconda guerra di secessione. Le forze armate occidentali separatiste guidate da Florida, Texas e California si contrappongono alle forze militari del governo federale guidate dal presidente degli Stati Uniti (Nick Offerman).
La guerra civile viene narrata dal punto di vista asettico di quattro reporter di guerra. L’esperta Lee (Kirsten Dunst), l’ambizioso Joel (Wagner Moura), l’anziano mentore di entrambi Sammy (Stephen McKinley Henderson) e la giovanissima Jessie (Cailee Spaeny), fotografa in erba che ha l’ambizione di seguire le orme professionali del suo mito Lee.
I quattro intraprendono un viaggio che da New York li porterà a Washington con l’obiettivo di realizzare il colpo giornalistico della vita: realizzare l’ultima intervista al Presidente degli Stati Uniti, ormai prossimo a soccombere sotto i colpi della fazione nemica.
Alex Garland ci regala il film più incendiario e provocatorio degli ultimi anni: la cronaca dell’orrore di ogni conflitto attraverso una vicenda di fantasia che a ben guardare è già parte dalla nostra realtà.
Il regista di Ex Machina non ha paura di affrontare a viso aperto i dilemmi morali e le contraddizioni più inquietanti della natura umana, in un film che scuote nel profondo, facendoci provare emozioni contraddittorie eppure lucidissime.
Un’opera che non fa sconti, in cui Garland sceglie di non schierarsi, mantenendo le distanze da qualsiasi speculazione politica. Si scaglia, invece, contro un sistema esacerbato da una classe politica disposta a tutto pur di mantenere il controllo di una democrazia dai tratti aberranti.
Soprattutto, denuncia ferocemente il cinismo imperante, l’esaltazione per la violenza, la follia e le atrocità della guerra. Il suo film diviene, così, la radiografia di un Paese che ha divorato se stesso distruggendo i suoi miti. Dilaniato, frammentato, completamente al collasso.
Il riflesso, più realista che distopico, di un mondo ormai in fiamme, osservato tramite l’obiettivo dei reporter protagonisti (bravissimi i quattro interpreti), che hanno la missione di catturare e custodire la verità.
Garland proietta su di noi spettatori lo stesso interrogativo etico e morale dei suoi protagonisti: quello che riguarda lo sguardo e la sua supposta neutralità. Ovvero qual è la responsabilità di chi racconta una storia, qual è quella del nostro sguardo di fronte a ciò che vediamo?
Noi che troppo spesso posiamo gli occhi sulle tragedie del presente senza mai interrogarci per davvero, che siamo abituati a ingerire tutto e poi a passare oltre, senza comprendere la responsabilità e le conseguenze insite nell’atto del guardare.
Intelligenza, azione, coinvolgimento, spettacolarità: Civil War ha tutto ciò che serve per essere considerato un capolavoro, ma soprattutto è uno di quei film che ti restano dentro grazie a una potenza di racconto che sempre più di rado capita di vedere sul grande schermo.
Paola Canali