Dal romanzo di André Aciman. Estate del 1983, in un paesino del Nord Italia. Il diciassettenne Elio (Timothée Chalamet) trascorre le vacanze con la famiglia in una bella villa settecentesca immersa nella campagna lombarda. Suo padre e sua madre sono degli intellettuali colti e mentalmente aperti che gli danno modo di approfondire le sue conoscenze in ambito artistico, letterario e musicale; mentre tra i suoi amici, spicca Marzia (Esther Garrel), palesemente innamorata di lui. Un giorno, arriva come ospite della casa l’aitante Oliver (Armie Hammer), uno studente americano del padre di Elio che deve completare la sua tesi di dottorato. Tra i due ragazzi nasce subito una “respingente attrazione”, che nel corso di quell’estate si trasformerà in qualcosa di molto più profondo.
Privo dei vezzi autoriali e degli eccessi delle pur notevoli pellicole precedenti, Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino è un film elegantissimo e misurato, sensibile e malinconico, che si prende tutto il tempo necessario per sviluppare la nascita di un amore e l’intenso racconto di formazione di un adolescente alla ricerca della propria identità.
L’estate nella campagna lombarda, con i prati verdeggianti, i laghetti ghiacciati e i sentieri dove sfrecciare in bicicletta, diviene scenario ideale per una storia di seduzione, scoperta e trasformazione. Fuori dal caos e dal dinamismo cittadino, quasi in un tempo magico e sospeso e in un’oasi idilliaca e libera, l’amore tra Elio e Oliver sboccia tra freni ed attriti, sguardi ed attese, segnali e sussulti.
“Più che una storia d’amore gay, è un film sul momento aurorale della trasformazione di una persona – afferma Luca Guadagnino alla conferenza stampa di presentazione del film – Ma anche un film sul desiderio, che non conosce genere“.
L’incontro e l’avvicinamento fra due anime così diverse e smarrite, eppure così affini, è raccontato splendidamente dalla raffinata sceneggiatura di James Ivory, sicuramente uno dei punti di forza del film, che cattura la vasta gamma di sentimenti ed emozioni dei personaggi, mostrandoceli fortemente autentici e palpabili.
La messa in scena di Guadagnino è carica di stimoli sensoriali ed attenta ad ogni singolo dettaglio: ne deriva un’immersione totale nei suoni e nei colori, nel tatto e negli odori, in un’esplorazione famelica delle pulsioni, del corpo, del sesso, del peso dei sentimenti.
“Mi interessa l’umano che si muove nello spazio – continua Guadagnino – spesso perfino dimenticandomi della sceneggiatura e ricominciando da capo. E poi do grande importanza al montaggio, avvalendomi dell’indispensabile Walter Fasano. Ci piace decostruire, tentare di trovare l’armonia delle dissonanze. E per fortuna abbiamo la fortuna di fare solo film che ci piace fare“.
“Luca è dotato di un grande equilibrio – afferma l’attore Armie Hammer – Con lui si può lavorare in libertà, perché ci permette di muoverci ed esprimerci senza condizionamenti e costrizioni”.
Guardando Chiamami col tuo nome, vengono subito in mente il Bertolucci di Io ballo da sola o l’umanità che popola i film di Eric Rohmer, per la fascinosa rappresentazione di un gruppo di intellettuali cosmopoliti e anticonformisti, che gode delle bellezze italiane intrattenendosi in una grande casa di campagna, lontano dai problemi del quotidiano. Protetto in una bolla fatta di ozio, arte, bellezza, e cultura, Chiamami col tuo nome lascia al margine la storia del periodo in cui è ambientato, ovvero quello della nascita del governo Craxi e del pentapartito, facendola affiorare solo in alcuni sporadici discorsi “da tavola”.
Ciò che interessa a Guadagnino è infatti mettere in scena un seducente flusso di emozioni e sentimenti, un melodramma che assapora il desiderio, la vita e le sue inattese sorprese, servendosi di due interpreti ammirevoli, capaci di darne forma con vivida forza. Sorprendente, in particolare, la prova del giovanissimo Timothée Chalamet, giustamente candidato all’Oscar, che rende Elio un personaggio indimenticabile, che resterà a lungo nell’immaginario del cinema lgbt.
“Non ricordo di aver mai avuto una storia d’amore così intensa e significativa come quella di Elio e Oliver – afferma Chalamet – Proprio per questo, il film è stato per me un'”esperienza”, mi ha permesso di esplorare il senso vero dell’amore, che va ben oltre le etichette. E poi è anche un film sul dolore, sull’importanza di avere il cuore a pezzi“.
Non perdete, quindi, per nessun motivo Chiamami col tuo nome, uscirete dalla sala (e non fatelo prima della fine dei titoli di coda!) col cuore gonfio e con la consapevolezza di aver visto un grande film.
Alberto Leali