Si inaugura a Palazzo delle Esposizioni di Roma, Cesare Tacchi. Una retrospettiva, la mostra che raccoglie più di cento opere del celebre artista romano, a poco più di tre anni dalla scomparsa. Dal 7 febbraio al 6 maggio 2018.
Cesare Tacchi (1940-2014) protagonista di un’imperdibile retrospettiva a Palazzo delle Esposizioni di Roma, che vuole rendere omaggio al suo talento e alla sua arte, a poco più di tre anni dalla scomparsa. Curatrici della mostra sono Daniela Lancioni e Ilaria Bernardi, mentre l’Azienda Speciale Palaexpo-Palazzo delle Esposizioni in collaborazione con l’Archivio Cesare Tacchi l’hanno ideata, prodotta e organizzata.
Oltre cento opere per ripercorrere le vicende del solitario artista della «Scuola di piazza del Popolo», del caffè Rosati e della galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, che espose con Schifano e Mambor nella loro prima collettiva del 1959. Un artista che ha attraversato le tensioni intellettuali di oltre mezzo secolo e che non mutò con gli anni il suo temperamento, ma anzi evidenziò le contraddizioni di alcuni aspetti cruciali della cultura visiva contemporanea, intraprendendo strade nuove.
Tacchi si mette in luce con le sue tele costruite con brandelli di stoffa e tappezzeria, con i suoi oggetti-quadro, e con le opere imbottite sulle quali disegnava figure a smalto nero, sovente volti di amici, attori, immagini ricavate dalla pubblicità… Un autore prolifico e colto, ma anche, e soprattutto, un insegnante del primo Liceo artistico di Via Ripetta, dove comunicava ai suoi studenti la passione per l’arte.
Ad attendere il pubblico della mostra a Palazzo Esposizioni c’è un percorso ordinato cronologicamente nelle grandi sale intorno alla Rotonda. Si inizia con alcuni rari e poco conosciuti lavori degli esordi, per poi proseguire con la serie degli smalti (dettagli di macchine da corsa o di vetture del servizio pubblico, figure e monumenti di Roma, ecc.), i noti dipinti estroflessi e imbottiti (le cosiddette “tappezzerie”), le rielaborazioni delle icone della storia dell’arte accostate a immagini del presente (vedasi il celebre La primavera allegra della Collezione Maramotti di Reggio Emilia), le sculture in vilpelle (“oggetti-quadro”), le opere di stampo concettuale dei primi anni ’70, la Cancellazione dell’artista, la riappacificazione con gli strumenti dell’arte, e per concludere i grandi dipinti della trasformazione gli anni ’80.
Insomma, un’occasione unica per celebrare e riscoprire uno dei maggiori interpreti del secondo dopoguerra italiano. Dal 7 febbraio al 6 maggio 2018.
Alberto Leali