Alla nona edizione del Rendez-Vous, festival del nuovo cinema francese di Roma, Cédric Kahn presenta in anteprima il suo ultimo film, La prière, premiato a Berlino
Thomas ha 22 anni ed è tossicodipendente. Nel tentativo di uscire dal circolo vizioso della droga raggiunge una comunità di ex tossici che vivono isolati in montagna lavorando ed utilizzando la preghiera come forma di terapia. Inizialmente restio ad accettare le rigide regole della comunità, Thomas progressivamente vi aderisce scoprendo la dimensione della fede.
Cédric Kahn torna al Rendez-Vous, festival del nuovo cinema francese che si tiene a Roma dal 3 all’8 aprile, per presentare in anteprima la sua ultima fatica, La prière, premiata a Berlino per l’interpretazione del giovane protagonista Anthony Bajon.
Kahn che, per sua stessa ammissione, non è né credente, né cattolico, né ha avuto problemi con la droga, affronta queste tematiche con grande misura, realizzando un film coraggioso, intenso e complesso.
“Ho uno spirito aperto, curioso – afferma il cineasta -. Mi sono ispirato alle vere storie di ragazzi che erano arrivati al punto di scegliere se andare in quella comunità oppure morire. I tossicodipendenti sono inizialmente molto scettici verso dei programmi così rigidi e li rifiutano nettamente, poi, però, si fanno conquistare dalla pace che trasmette loro la preghiera e molti di loro riescono a guarire. In queste comunità si obbliga i ragazzi a pregare, ma non a credere; la preghiera può diventare così una salvezza, ma anche una dipendenza, tant’è che molti di loro sono consapevoli che la vita lì dentro è più semplice di quella che c’è fuori, dove il rischio di ricadere nel vizio è alto“.
Evitando di rivelarci il passato del protagonista e al contempo qualsiasi semplificazione psicologica, Cédric Kahn traccia le faticose tappe di una ricostruzione, affidandosi a una messa in scena spoglia, scandita da una quotidianità fatta di canti, preghiera e testimonianze.
Il protagonista de La prière Anthony Bajon, premiato a Berlino 2018
“Ho voluto mostrare la complessità di questi programmi di recupero, senza edulcorarne gli aspetti più duri – prosegue Kahn – Ciò che è più difficile per i ragazzi che entrano a farvi parte non è tanto disintossicarsi, ma abbandonare i modi di fare e di pensare del tossico, su tutti la menzogna. Per questo nel film è fondamentale la scena in cui raccontano la propria testimonianza“.
Ma uno dei principali punti di forza de La prière è la straordinaria performance del protagonista Anthony Bajon, che regala al suo personaggio tutte le tensioni, le paure e le speranze di un ragazzo che ha toccato il fondo e ora si aggrappa alla possibilità di un nuovo inizio.
“La sceneggiatura del film non si sofferma affatto sul passato di Thomas, per questo avevo bisogno di un attore che sostenesse il peso di questi vuoti. La drammaturgia è tutta nel suo viso e nelle emozioni che ne traspaiono; per questa ragione, lui e il film diventano la stessa cosa” – dice Cédric Kahn.
Ma più che la tossicodipendenza e la religione, La prière racconta l’esistenza, perché in essa la fede è qualcosa di indispensabile e non necessariamente legato alla sfera religiosa. La preghiera del titolo è quindi un grido d’amore per la vita, in cui la salvezza può assumere forme diverse, che non implicano necessariamente la vita ecclesiastica.
“La fede nella vita, la capacità di scegliere, la forza dell’amicizia sono le uniche risposte del film” – afferma Cédric Kahn. La prière, infatti, è un film purissimo, che ha il grande merito di non sfiorare mai la retorica o il patetismo né di proporre soluzioni, quanto piuttosto di lasciare agli spettatori il compito di riflettere e di porsi delle domande.
Roberto Puntato