Al cinema dal 18 aprile con Lucky Red e Bim Distribuzione
Littlehampton, 1922. La guerra è finita da poco. Nella cittadina inglese arriva l’irascibile e spavalda Rose (Jesse Buckley), una donna irlandese che dice di essere vedova, con la figlia e il nuovo compagno, oggetto di ogni sorta di critica da parte degli abitanti del luogo. Edith (Olivia Colman) è il suo esatto opposto: vive in una famiglia guidata dalle parole Bibbia (e guidata dal dispotico padre) ed è nota per il suo comportamento irreprensibile. Edith e Rose, pur agli antipodi, un tempo erano persino amiche, prima che un brutto litigio le dividesse. Quando a Edith iniziano ad arrivare lettere piene di insulti e volgarità, a Littlehampton scoppia lo scandalo e la colpa ricade subito sulla “straniera” Rose, che viene incarcerata. Qualcuno, però, al comando di Polizia, crede alla sua innocenza. Il problema è che si tratta di una donna: Gladys (Anjana Vasan).
Scorretta, arguta, divertente: la commedia diretta da Thea Sharrock, scritta da Jonny Sweet e tratta da una storia vera di circa un secolo fa, è un’opera riuscita sotto molti punti di vista.
In primis, è popolata da attori in stato di grazia, sia principali che secondari. Olivia Colman non ha certo bisogno di presentazioni, è tra le interpreti britanniche più talentuose della sua generazione, perfetta in ogni ruolo in cui si cala, sia esso comico o drammatico.
Qui la troviamo nei panni di una donna puritana e conservatrice, la cui rettitudine viene all’improvviso messa in discussione, facendo crollare l’immagine di perfezione che si era costruita agli occhi degli altri. L’attrice è bravissima nel far emergere quei lampi di rabbia repressa che cova dentro, costretta nel ruolo di figlia sottomessa e di cristiana modello.
Jesse Buckley non è da meno in quanto a bravura, assolutamente credibile nei panni di una outsider grintosa, sboccata e anticonformista. È lei che diviene il perfetto capro espiatorio, l’elemento fastiosamente fuori dal coro che va eliminato per evitare che metta a rischio la rettitudine e l’obbedienza delle altre donne del Paese.
Ma assieme alle due protagoniste principali, brilla ogni altro componente del cast, dalle vecchiette del vicinato, affidate ad attrici britanniche di grande mestiere e scelte con cura certosina, all’ottima Anjana Vasan, nei panni di un’agente di polizia perspicace, ma impossibilitata, in quanto donna, a fare indagini, oltre che a sposarsi e avere figli. Applausi anche al sempre straordinario e versatile Timothy Spall, qui nei panni di un meschino e terribile padre padrone.
Cattiverie a domicilio, in secondo luogo, è un riuscito mix di commedia, detective story e legal movie, tenendo in abile equilibrio toni leggeri e drammatici, satira sociale e umorismo amaro.
E poi è un film sulle donne, che qui vengono schiacciate, additate e mortificate, ma trovano il modo di reagire a una società maschiocentrica mossa dall’invidia, dall’odio e dall’ipocrisia, non troppo dissimile da quella in cui viviamo oggigiorno. E la chiave non può che essere nell’alleanza e nella ribellione, in quell’empowerment femminile in lotta, tutt’oggi, contro il tanto chiacchierato patriarcato.
Un’opera irriverente e irresistibile, con due efficacissimi personaggi speculari, dalle cui scornate si sprigiona tutto l’humour aspro sulla morale e sui costumi di un Paese represso ed ottuso, che non consente libertà e autodeterminazione alle donne.
Un prodotto brioso e ben costruito, che scoperchia i tabù e che, nella sua semplicità, arriva esattamente dove vuole arrivare.
Paola Canali