Brutti e cattivi, l’opera prima dello scenografo Cosimo Gomez, presentata in anteprima al 74mo Festival di Venezia, uscirà nelle sale il 19 ottobre. Una dark comedy politicamente scorretta che omaggia, già dal titolo, Ettore Scola. Abbiamo incontrato il regista e il cast
Dopo ben quattro anni d’attesa e centinaia di disegni, lo scenografo Cosimo Gomez fa centro col suo inedito ed esuberante debutto, Brutti e cattivi.
In una Roma periferica e raccapricciante, quattro personaggi con diverse disabilità si improvvisano rapinatori per mettere a segno il colpo che può dare una svolta alle loro vite. Il Papero (Claudio Santamaria), ex circense senza gambe; la Ballerina (Sara Serraiocco), sexy e senza braccia; Giorgio Armani detto il Merda (Marco D’Amore), rasta tossico; e Plissé (Simoncino Martucci) , rapper e mago delle casseforti. I quattro riescono con successo nel loro intento criminale; peccato, però, che ognuno voglia tenersi il malloppo per sé, ovviamente con conseguenze disastrose.
“L’idea nasce dalla riflessione che anche i disabili, spesso rappresentati al cinema con pietismo, possono essere cattivi e spietati – afferma Cosimo Gomez – Peraltro essi detestano la compassione. Ho pensato quindi, avendo molti amici con disabilità, che a loro avrebbe fatto piacere essere dipinti in maniera politicamente scorretta. Così ho creato questa banda di disabili cialtroni“.
L’inizio di Brutti e cattivi è entusiasmante: lo spettatore viene catapultato nel mondo spaventoso e marginale di questi quattro inediti personaggi, dipinti con un’ironia e una spietatezza che lasciano attoniti. Chiunque può essere orribile e privo di scrupoli, insomma, anche se nano o portatore di handicap.
Gomez dimostra di avere coraggio da vendere e non si ferma dinanzi a nulla: senza filtri e con un’irriverenza spesso irresistibile, non fa sconti alla turpitudine e all’amoralità. Brutti e cattivi non tratta nessun personaggio con indulgenza, piuttosto ne sottolinea lo squallore e la cattiveria, anche attraverso esagerate caratterizzazioni fisiche (denti marci, tatuaggi volgari, capelli unti, abiti trash).
“Mi sono preparata al ruolo con non poca difficoltà – afferma Sara Serraiocco – E’ stato un vero e proprio allenamento fisico e psichico e il mio passato da ballerina mi ha aiutato. Il mio personaggio è affascinante perché è totalmente privo di sensi di colpa. Utilizza la sua seduttività e le sue doti fisiche e professionali per ottenere i suoi scopi“.
“Ho deciso di fare questo film senza nemmeno leggere la sceneggiatura – dice Claudio Santamaria – ma solo vedendo i disegni di Cosimo. Ho amato subito il personaggio, in più avevo la possibilità di trasformarmi fisicamente. I personaggi di questo film sono tridimensionali e pieni di dolore, mai grotteschi e sempre credibili“.
“Il mio percorso, rispetto a quello degli altri attori, è stato tricologico. Non potevo non accettare” – dice scherzando Marco D’Amore.
Brutti e cattivi è una divertente e scioccante miscela di generi, stili e citazioni: oltre all’Ettore Scola di “Brutti sporchi e cattivi”, citato esplicitamente nel titolo, ci sono Tod Browning e i suoi “Freaks“, i Farrelly dei tempi d’oro, Guy Ritchie e i suoi “cattivi” al limite della legalità e dell’umanità, Alex de la Iglesia e il suo stile sopra le righe, Quentin Tarantino e il suo gusto pulp.
La messa in scena, così come la sceneggiatura scritta con Luca Infascelli, non cercano affatto il realismo, ma sposano un’estetica esageratamente pop, dai colori accesi e psichedelici.
Brutti e Cattivi conferma la riuscitissima strada alternativa intrapresa dal cinema italiano, dopo il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti; peccato solo che dopo lo sfolgorante avvio, la sceneggiatura perda gradualmente colpi, mostrandosi diseguale per trovate narrative, fino a sfociare in un finale che non convince granché. Nonostante ciò, il film di Gomez va lodato per il coraggio con cui tratta un argomento delicato e a rischio buonismo, azzardando una strada totalmente opposta, inedita e dissacrante. I personaggi di Brutti e cattivi, nonostante le avversità che la vita ha loro riservato, non sono affatto degli sconfitti: non accettano, infatti, di subire sopraffazioni, ma piuttosto reagiscono con forza, cercando di crearsi delle opportunità, di realizzare i loro sogni, esattamente come gli altri.
“Non è solo un film sulla disabilità – afferma Cosimo Gomez – ma anche sull’amore. I protagonisti lottano, infatti, per un obiettivo, ovvero raggiungere la felicità, anche se nel loro caso è legata all’avidità. Ma ciò che realmente cercano è l’amore“. “Nulla è impossibile per chi ha una disabilità – conclude Simoncino Martucci – Non ci si può e non ci si deve mai arrendere“.
Alberto Leali