La storia dei Queen e del loro frontman Freddie Mercury, la scalata al successo mondiale fino al Live Aid del 1985, noto come una delle più grandi performance musicali della storia.
Bohemian Rhapsody parte dalla giovinezza di Farrokh Bulsara, immigrato nel Regno Unito da Zanzibar, e dal rapporto contrastato con la sua famiglia. Farrokh sa di esser fatto per la gloria e che la sua voce è il mezzo che lo renderà libero e capace di segnare la storia. Dopo aver convinto Brian May (chitarrista) e Roger Taylor (batterista) a ingaggiarlo per la sua verve e la sua capacità vocale, inizierà da lì a poco l’avventura dei Queen.
Il versatile Bryan Singer, che ha lasciato poi il posto a Dexter Fletcher in un progetto dalla lavorazione travagliata, realizza un film che punta tutto sulla pedissequa ricostruzione della storia della band e sulla performance emulativa degli attori.
In particolare, la somiglianza somatica ma ancor più il mimetismo dei gesti illuminano l’interpretazione, rischiosissima e mirabile, di Rami Malek, che riesce così a reincarnare un’icona di carisma e virtuosità come Freddie Mercury. Fedele è il suo modo di tenere il palco, di esibirsi, di rivolgersi al pubblico: Malek, come Mercury, si fa demiurgo della scena, credibile nel playback e in ogni singola movenza.
Di grande somiglianza, anche se più sacrificati per scrittura dei ruoli, sono Ben Hardy nei panni di Roger Taylor, Gwilym Lee in quelli di Bryan May e Joseph Mazzello che interpreta John Deacon.
Pur con qualche edulcorazione di troppo, certamente dovuta all’ingerenza nel progetto dei restanti membri dei Queen, Bohemian Rhapsody riesce nel suo intento: far rivivere emozioni intense non solo ai fan del gruppo britannico, ma anche a chi non lo è, e nonostante ciò non può non commuoversi giunto alla storica esibizione finale.
E’ infatti la portentosa e quasi completa ricostruzione del set della band al Live Aid dell’85 il toccante ed energico coronamento di un film dedicato alla celebrazione delle indimenticabili musiche dei Queen.
Mantenendo vivo il ritmo nelle oltre due ore di durata, Bohemian Rhapsody alterna in maniera classica ma efficace cronistoria e performance, cavalcando con sicurezza la sceneggiatura di Anthony McCarten (La teoria del tutto, L’ora più buia), che sceglie di concentrarsi sul Freddy fragile e umano più che su quello eccentrico e trasgressivo.
Un film didascalico e che non si prende molti rischi, ma certamente un tributo dovuto, e che molti attendevano da anni, a una delle band più importanti della storia. Vincitore di 2 Golden Globe (Rami Malek, miglior film drammatico) e 4 Premi Oscar (Malek, sonoro, montaggio e montaggio sonoro). Al cinema dal 29 novembre distribuito da 20th Century Fox.
Alberto Leali