5° film di Massimiliano Bruno e 2° che riunisce la coppia Gassman- Giallini dopo Se Dio vuole, Beata ignoranza segna un notevole passo indietro rispetto al precedente lavoro di Bruno, Gli ultimi saranno gli ultimi, che pur essendo un film non perfetto aveva diversi spunti riusciti. Con Beata ignoranza invece siamo nell’ormai canonico (e noiosissimo) territorio della commedia italiana che tende all’incasso facile mescolando, attraverso il solito escamotage dei due poli opposti, gli immancabili cliché, le inevitabili incomprensioni, battute che scatenano ingenue risate e idee e situazioni trite e ritrite. In pratica non c’è assolutamente nulla di nuovo in Beata ignoranza, nulla che valga la pena di spendere 100’ alle prese con le azzuffate di due professori che più opposti e improbabili non si può (ma che, ovviamente, hanno condiviso in passato la stessa donna da entrambi amatissima). Alla base del film c’è la domanda: si sta meglio dentro o fuori da quel mondo virtuale fatto di messaggini twitter o facebook e di post condivisi compulsivamente in cui spesso ci si mostra diversi (e spesso meglio) di quel che si è? La risposta, tanto per cambiare, sta nel mezzo; e per dirlo non ci voleva certo questo film. La critica è quanto di meno tagliente ci si possa immaginare, anzi, a dirla tutta, non c’è proprio, come lo stesso Bruno ci ha tenuto a precisare in conferenza stampa (perché fare un film del genere allora?). E così il rete-dipendente e “socialissimo” Gassman si riappropria della vera essenza delle umane relazioni, mentre il tradizionalissimo Giallini riscopre le gioie dell’amore proprio attraverso il detestatissimo mezzo telematico. Tutto prevedibile e abbastanza irritante insomma, tra un susseguirsi di gag di cui riesce una su dieci. Il finale, poi, è ovviamente il trionfo dei buoni sentimenti e del politically correct, in cui tutte le tensioni vengono finalmente appianate (anche la questione della paternità condivisa dei due protagonisti!) e si torna a vivere tutti felici e contenti. Come, secondo questo genere di film, dovrebbero tornare a casa gli spettatori, contenti e rassicurati.
Alberto Leali