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Con Assassinio sul Nilo, Kenneth Branagh si cimenta nuovamente con il mondo di Agatha Christie, riuscendo, anche meglio di Assassinio sull’Orient Express, a tenere in equilibrio l’intrattenimento old-style e il gusto moderno.
Perché stavolta, più che puntare sul giallo, che comunque c’è ed è ben orchestrato, Branagh si concentra sui sentimenti, riflettendo con profondità sulla potenza e sui tormenti dell’amore.
Inoltre, se Assassinio sull’Orient Express si era tenuto per lo più fedele al testo di Agatha Christie, Assassinio sul Nilo si prende più libertà: aggiunge e caratterizza diversamente alcuni personaggi e conferisce nuovi livelli di lettura al testo d’origine, rivitalizzando, così, un genere oggi in disuso, e rendendolo appetibile anche al pubblico più smaliziato.
Come per Assassinio sull’Orient Express, colpisce ovviamente la messa in scena sontuosa e imponente, che ci trasporta negli anni ’30 e nel fascino misterioso di una location egiziana completamente ricreata in studio.
Branagh – che interpreta con brio il baffuto detective Hercule Poirot – riesce ad appassionare gli spettatori, anche coloro che conoscono già il romanzo, tenendo sempre viva la tensione e gestendo con teatrale abilità lo spazio scenico.
Convincente è anche il nutrito cast, che riunisce alcuni degli attori più glamour di oggi: nonostante alcuni dei personaggi restino in ombra, sono soprattutto le figure femminili ad affascinare, da Gal Gadot nei panni della vamp statuaria ad Emma Mackey nel ruolo della sedotta e abbandonata in cerca di vendetta, da Annette Bening, che interpreta un intrigante personaggio assente nel romanzo, alla “manager” dell’astro nascente Letitia Wright.
Seppur non riesca a raggiungere quella perfetta fusione tra umorismo e frenesia dei gialli vecchia scuola, Assassino sul Nilo si rivela una buona trasposizione del classico della Christie, brillando per l’eleganza della regia e per il sentito amore del suo autore verso la materia trattata.
Sabrina Sciabica