Aquaman racconta la storia delle origini di Arthur Curry, personaggio nato nel 1941 ad opera di Mort Weisinger e Paul Norris, e il viaggio che lo condurrà a scoprire chi è veramente e se è degno di ricoprire il ruolo per cui è nato.
Metà umano e metà atlantideo, Arthur è convinto che il popolo sommerso abbia giustiziato sua madre (Nicole Kidman) per aver dato alla luce un bastardo; per questa ragione non vorrebbe accettare il suo destino di re di Atlantide, trono usurpato dal fratellastro Orm (Patrick Wilson). La bella Mera (Amber Heard) e il suo mentore Vulko (Willem Dafoe) cercheranno di fargli cambiare idea.
Il protagonista Jason Momoa, già apparso in Justice League, grazie all’imponente prestanza fisica e alla potente presenza scenica, è perfetto nel ruolo di un supereroe spigoloso, strafottente e dalla forza sovrumana.
Il film diretto da James Wan (Saw, Insidious) ha però soprattutto tre caratteristiche principali: la magniloquenza, la furia e il rumore. Ci troviamo di fronte, infatti, a una macchina spettacolare, che diventa col passare dei minuti sempre più gigantesca, tra continui cambi di location, incredibili scene d’azione e una grande varietà di scenari, situazioni e personaggi.
Ciò permette, alla stregua dei grandi kolossal della storia del cinema, di riempire di stupore gli occhi dello spettatore, che non può che appassionarsi dinanzi a immagini di visionaria potenza, accompagnate da un’azione e da una colonna sonora martellanti.
A questi aspetti, si contrappone però una struttura narrativa sgangherata, una mix di avventura, dramma e commedia che non sa bene che direzione prendere e che non permette al film di sorreggersi sulle proprie gambe.
Perché la forza di Aquaman è indubbiamente l’aspetto visivo, grazie a una serie di sequenze eccitanti e mozzafiato, che certamente ricorderemo a lungo. Bastano infatti anche solo l’inseguimento nella cittadina siciliana di Erice e la battaglia finale per far passare in secondo piano la retorica, i personaggi poco interessanti, la tensione che latita, l’illuminazione piuttosto kitsch e la presenza fin troppo ingombrante della computer graphic.
Quello di Aquaman è infatti un viaggio dell’eroe da manuale, visto al cinema fin troppe volte, ma nobilitato da una roboante e titanica messa in scena: non siamo ai livelli di Wonder Woman, ma questo sesto film dell’universo cinematografico DC non mancherà di conquistare quell’ampia fascia di pubblico che cerca del sano e gustoso intrattenimento mainstream. Al cinema dal 1º gennaio con Warner Bros. Pictures.
Alberto Leali