Dal 23 aprile tutti gli episodi saranno subito disponibili su Sky e NOW
In una Sicilia deserta e piegata da un virus letale che ha coinvolto il mondo, i bambini sono gli unici rimasti in vita e combattono ogni giorno per la sopravvivenza. Anna (Giulia Dragotto), una tredicenne cocciuta e coraggiosa che ha come unica guida un quaderno che le ha lasciato la madre (Elena Lietti), parte alla ricerca del fratellino rapito Astor (Alessandro Pecorella).
Una nuova serie italiana di grande qualità sbarca su Sky: è Anna, diretta da Niccolò Ammaniti e da lui scritta con Francesca Maineri dopo il successo de Il Miracolo.
Qui però siamo dalle parti de La strada di McCarthy, de Il signore delle mosche di Golding o di Cecità di Saramago, perché quello che racconta Ammaniti è un mondo messo in ginocchio da un subdolo mostro chiamato “la Rossa” che non dà scampo agli adulti ma misteriosamente risparmia i bambini. Un mondo fatto di silenzio, fame ed orrore in cui una schiera di orfani depredati di una guida e del calore familiare lottano strenuamente per rimanere a galla finché possono.
Ammaniti riesce egregiamente a unire i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, in cui ha sempre dato il meglio di sé sin da Io e te e Io non ho paura, con quel genere distopico tanto in voga in America quanto poco diffuso in Italia. Racconta così, da una parte un coinvolgente coming of age che ha il sapore dell’universalità, dall’altro la fine della società del progresso e l’inquietante ritorno ad un’era primitiva, in cui conta solo la legge del più forte.
Se ovviamente il pensiero va subito alla situazione che stiamo vivendo a causa della pandemia, il libro e la serie nascono in realtà molto prima e puntano più al racconto del rapporto fra le persone che alla ricerca di assonanze col nostro presente.
Ammaniti si concentra non solo sulla personalità di Anna, su “come diventa madre senza esserlo e su come riesce a superare i limiti della sua strana esistenza”, ma costruisce un emozionante racconto corale espandendo la materia dell’omonimo romanzo da cui la serie è tratta.
Racconta, così, di bambini che non hanno tempo per le lacrime, costretti a combattere per un presente malato e provvisorio, in cui a dominare è la logica del branco. Di un mondo in cui tutto è cambiato, dal rapporto con l’esistenza e la sua fine alla percezione della vita e della morte. Un mondo in cui i resti umani, le ossa ed il sangue diventano parte dell’ordinario, così come certi desolanti paesaggi urbani o quella natura indomita, che sembra essersi ripresa i suoi spazi.
Il messaggio di Ammaniti, però, appare in tutta chiarezza, e non cede certo alla disperazione. Il focus di Anna, anzi, è la speranza: la sola, preziosa ancora di salvezza contro il dolore; l’unica in grado di riaprire il mondo al futuro. Ed è questo che rende la nuova serie di Sky uno splendido omaggio al coraggio e alla vita che, malgrado tutto, vale sempre la pena di attraversare.
Indubbio è il talento visionario e registico di Ammaniti, che pone l’immagine sempre al servizio dell’emozione (“mi sono ispirato a Bruegel e Apocalypto” racconta). Ammirevole è, inoltre, il suo tentativo di districarsi in un genere dai forti riferimenti sia filmici che letterari, riuscendo comunque a far emergere qualcosa di nuovo. E il merito è della scelta della Sicilia, “terra isolata geograficamente dal continente da un dito d’acqua”, che con il suo fascino e la sua ricchezza naturalistica non ha certo nulla da invidiare alla landa americana.
Roberto Puntato