Intervista alla celebre canta-chef de “La Prova del Cuoco”
Dai fornelli de La prova del cuoco su Rai1 a quelli di Domani è Domenica, in onda ogni sabato su Rai 2, Angelica Sepe continua a stupirci prendendoci tutti per la gola.
Due amiche inseparabili, la cucina e la musica, che da sempre accompagnano la sua vita, la sua arte e le sue storie. Chi la conosce è davvero fortunato, chi la vede in tv si innamora facilmente di lei, non solo per i suoi piatti, ma anche per il suo savoir faire. Infatti, in cucina, Angelica Sepe si dimena tra canzoni e aneddoti della tradizione napoletana: <<In famiglia eravamo così, ogni volta che si cucinava c’era sempre un aneddoto e una canzone che accompagnava i nostri piatti>>.
La canta-chef Angelica Sepe, quindi, è così anche nella vita reale: genuina, unica e dai molteplici sapori, proprio come il suo “personaggio” – a detta sua – nato per caso.
Per chi è a Roma può andare a trovarla nel suo ristorante, Napul’é, in zona Prati: un locale curioso e molto curato, in cui assaggiare la vera tradizione napoletana, dalle mani della stessa Sepe.
Angelica, come definiresti i tuoi 50 anni di carriera?
Una carriera soddisfacente. Sono nata con un dinamismo innato, che si manifesta soprattutto quando sono con gli altri, per passare insieme un po’ di spensieratezza. Posso dirti che a 2 anni e mezzo già sapevo scegliere i dischi che mio padre metteva nel giradischi che avevamo a casa. Lui era fissato con il suono e mi ricordo di queste casse gigantesche, perché il suono doveva essere ben definito. Io attraverso i colori riconoscevo il disco che papà mi diceva di prendere. A 6 anni avevo già in mano la chitarra e a 10 iniziavo a fare i primi spettacolini. Prima c’era un’attenzione diversa per lo spettacolo, eravamo in pochi. I genitori avevano più tempo anche se i miei, nonostante mi abbiano permesso di fare il conservatorio, allo stesso tempo avevano paura della mia carriera da artista. Soprattutto perché avevo solo 17 anni quando sono partita insieme alla mia band per le tournée.
Hai qualche rimorso?
Diciamo che il mio giuramento al Maestro Murolo (mio talent scout e maestro di vita) da una parte mi ha gratificato, dall’altra mi ha penalizzato. Avrei potuto spaziare con altri generi, ma ero troppo legata alla mia terra, un po’ come è successo a grandi artiste come Susana Baca, Miriam Makeba o Edith Piaf. In Italia, purtroppo, la musica partenopea è molto limitata, ma fortunatamente apprezzata all’estero: infatti ho portato la mia in tutti i paesi del mondo, dalla Cina all’America, dal Canada all’Australia.
Parlavi della tua famiglia, quant’è stata importante durante il tuo percorso?
Sono nata da due genitori completamente diversi, a cominciare dall’età: mamma, infatti, ne aveva 19 anni e papà 42. Anche la loro estrazione sociale era diversa. Da parte di mamma erano tutti avvocati e giudici e perfino mia nonna aveva la maturità classica, cosa davvero insolita per quell’epoca. Da parte di papà, invece, erano tutti commercianti e si occupavano di barche e cantieri navali. Luigi, mio nonno, poi, è l’inventore del biscotto di grano conosciuto in tutto il mondo. I miei genitori mi hanno dedicato tantissimo tempo e mi hanno dato davvero tanto affetto. Mi lasciavano fare tutto, solo quando dovevo partire per le tournée era una tragedia! Devo in realtà ringraziare mio padre per la musica e mia madre e mia nonna materna per la cucina. Quello che faccio in tv è un’abitudine di famiglia, perché mia nonna, mentre cucinava, aveva un ricettario contenente anche canzoni e preghiere. Così, quando eravamo in cucina, ovviamente si cantava!
Se non avessi aperto il tuo locale a Roma, cosa avresti fatto?
Sono anche insegnante di musica, quindi forse avrei fatto quello. Ma non mi pento di nulla, rifarei tutto quello che ho fatto perché, alla fine, la cucina è come la musica: il profumo di un piatto ti porta ad immaginare qualcosa di bello. Come i piatti afrodisiaci e intelligenti di cui parlava Isabelle Allende nel libro Afrodita, che descriveva proprio il connubio tra eros e cucina.
E quando stavi lontana da Napoli cosa ti mancava della tua terra?
Mi mancava poco, perché andavo in giro con la macchinetta del caffè! Scherzi a parte, ho grande rispetto per le altre culture. Ho un ricordo molto bello di Damasco, quando ho cantato al Teatro dell’Opera, o quando sono stata a casa di una signora per imparare a preparare un piatto tipico. Oppure di Cuba, quando ero ospite di una dottoressa e ho scambiato aspirine, che lì non c’erano, con aragoste.
Sei stata accanto a grandi nomi come Murolo, De Filippo, Troisi e Pino Daniele (tanto per citarne alcuni). Mi racconti qualche aneddoto?
Pino Daniele è il Cantautore, Massimo Troisi è il Comico, Eduardo è il Teatro. Murolo, invece, è affascinante perché ha mille aspetti. E’ stato il mio maestro, colui che mi ha insegnato a parlare e a scrivere il dialetto in un certo modo. Ha preso quella parte di musica classica napoletana scritta dal padre e l’ha fusa con la sua nuova veste da cantore: riusciva ad essere moderno nonostante gli anni che aveva. Negli anni ’80, poi, ha avuto la fortuna di avere un manager che, nonostante i trascorsi, lo portava a cantare ovunque e l’unica donna della sua band ero io. Io ho seguito le sue orme, infatti anche il mio è un recitato cantato.
Hai un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
A parte ultimare il mio libro “Ogni amore ha il suo sapore” (il cui titolo prende spunto da una mia rubrica su un giornale diretto da Dario Tiengo), avere un camper e girare i paesini dell’Italia. Mi piacerebbe, in particolare, andare a caccia di ricette antiche, quelle segrete delle nonne centenarie per intenderci.
Roberto Puntato