Riko (Stefano Accorsi) è un uomo di mezz’età che vive nella provincia emiliana e lavora in una ditta che insacca salumi. Ha una moglie, la parrucchiera Sara (Kasia Smutniak), con cui intrattiene rapporti molto freddi e tesi, e un figlio, Pietro, che si appresta a frequentare l’università. La vita di Riko non è facile: fa un lavoro che non gli piace e dal quale potrebbe essere licenziato da un giorno all’altro, ha un matrimonio che sta morendo e dei traumi legati al passato ancora brucianti. Non se la passano meglio gli amici della coppia, che si sforzano però di non perdere il sorriso e la voglia di stare insieme. Ma per Riko e a Sara arriva il momento di dare una svolta alla propria vita, rimettendosi in gioco e dandosi una seconda possibilità come marito e moglie. Il percorso, però, non sarà certo tutto in salita.
In un presente dominato dalla precarietà e dall’incertezza, gravitano le vite qualunque di un gruppo affiatato di amici di sempre, alle prese con i problemi del quotidiano. Storie semplici ambientate nella provincia padana, in luoghi che Luciano Ligabue conosce bene, popolati da personaggi schietti ed onesti, a cui danno corpo attori giusti e convincenti.
Un film sulla paura ma sulla necessità del cambiamento, sull’acquisizione di un nuovo modo di vedere la vita, senza lasciarsi sopraffare tacitamente dagli eventi. E’ semplice ma forte il messaggio di Made in Italy, un piccolo film dai temi attuali, che pone al centro la gente comune, quella legata ai propri affetti e alla propria terra, che trova il coraggio, nonostante tutto, di andare avanti e ricominciare.
Ottimi in particolare i due protagonisti Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, alle prese con personaggi palpitanti e dolenti, che alternano repentinamente attimi di gioia e disperazione, risultando sempre credibili e mai forzati.
Se diversi sono gli aspetti tematici in comune con i film precedenti del cantautore, in particolare con l’ormai cult Radiofreccia, Made in Italy risulta più debole per quanto riguarda la trama, sicuramente non originale ed esente da retorica. Laddove, inoltre, Radiofreccia appariva più compatto e cinematograficamente compiuto, Made in Italy si mostra, invece, frammentario, poco approfondito e intervallato da diversi fastidiosi momenti videoclip.
Evidente è però tutto l’amore di Ligabue per i suoi personaggi e per l’Italia che racconta, ferita e sanguinante, eppure bellissima e da riscoprire. Un film onesto e sincero, di un autore che sa quel che racconta, ma che non ha alcuna intenzione di impartire lezioni.
Alberto Leali