Il celebre investigatore belga Hercule Poirot è alle prese con uno dei delitti più efferati e misteriosi della sua carriera: un ricco e losco uomo d’affari pugnalato ripetutamente a bordo dello sfarzoso Orient Express, treno che sfreccia da Istanbul attraverso l’Europa nel cuore dell’inverno. Poirot deve ricorrere a tutto il suo acume e alla sua abilità per scoprire chi tra i passeggeri è l’assassino, prima che colpisca ancora.
E’ curioso indagare sui motivi che hanno spinto Kenneth Branagh, uno dei mostri sacri del panorama teatrale britannico ma anche coraggioso sperimentatore di generi filmici, a riportare sul grande schermo uno dei gialli più celebri della maestra del brivido Agatha Christie, già messo in scena nel classico di Sidney Lumet del 1974. Dopo averci stupito (in positivo) con la sua Cenerentola in live action, aspettavamo quindi con ansia questo Assassinio sull’Orient Express.
Branagh, qui impegnato davanti (nel ruolo di Poirot) e dietro la macchina da presa, opta per una ricercatezza formale che si traduce in immagini sontuose, piani sequenza ed inquadrature rocambolesche, che costituiscono indubbiamente l’aspetto migliore di questa nuova versione del capolavoro della Christie. Il film, inoltre, è girato in 65 mm, aumentando definizione e contrasti cromatici e consentendo allo spettatore di entrare letteralmente nella scena; si esalta, inoltre, il lusso dell’Orient Express attraverso una cura minuziosa dei dettagli.
Ma veniamo alle note dolenti. Innanzitutto non ci ha convinto la scelta di Branagh di rendere il suo Poirot, rosso e dotato di improbabili baffoni, il solo personaggio di punta della storia (o meglio, l’unico realmente caratterizzato), lasciando sullo sfondo tutti gli altri. I sospettati, infatti, che proprio come nel film di Lumet hanno il volto di alcune delle più grandi star del cinema, da Johnny Depp a Michelle Pfeiffer, da Judi Dench a Willem Dafoe, da Penelope Cruz a Josh Gad, sono ben poco sviluppati e nessuno di essi (forse solo la Pfeiffer) rimane molto impresso. Un vero peccato, visto il talento di ognuno di essi.
Ma ciò che più non ci ha convinti è che in questa nuova versione manca proprio Agatha Christie! Non ci sono l’intelligenza, l’arguzia, l’ironia, il sarcasmo della scrittrice, che convergono in una trama costruita con grandi precisione e abilità. Piuttosto, tutti questi (fondamentali) elementi vengono sostituiti da dolly, carrelli, ondeggianti movimenti in steadycam, che rendono Assassino sull’Orient Express un film indubbiamente spettacolare, ma certamente non ingegnoso e avvincente come avrebbe dovuto essere. Si pensi, infatti, al disvelamento finale di Poirot agli indiziati, momento chiave del romanzo della Christie, che risulta forzato e poco incisivo: a colpire è più il modo in cui esso avviene (in una galleria, con i sospetti disposti come ne L’ultima cena, mentre il treno è bloccato da una slavina), che il suo contenuto (che peraltro ha un senso “morale” diverso da quello del libro).
A chi ha letto e riletto il romanzo e lo ama alla follia, sicuramente questo Assassinio sull’Orient Express non piacerà; per tutti gli altri, potrebbe essere l’occasione buona per comprarsi il libro e immergersi in uno dei gialli più ingegnosi di tutti i tempi.
Alberto Leali