Pioggia di applausi per la proiezione alla Festa del Cinema di Roma dell’attesissimo I, Tonya di Craig Gillespie, riuscito mockumentary sulla vita della pattinatrice Tonya Harding, al cinema dal 29 marzo con Lucky Red
I, Tonya si fa apprezzare per il mix riuscitissimo di ironia e dramma con cui viene raccontata la vita di una talentuosa figlia del proletariato della provincia americana, nata e cresciuta nel posto e tra le persone sbagliati.
Un asso del pattinaggio (la prima americana ad eseguire perfettamente un Triplo Axel), ma troppo trasandata, sguaiata e low society per divenire il simbolo di uno sport fin troppo elitario in un’America ipocrita e fasulla.
Tonya ha però l’ossessione per la vittoria, inculcatale dalla cinica e tremenda madre LaVona (una straordinaria e irresistibile Allison Janney, premiata con l’Oscar), che la incita con ripetute vessazioni a dare il meglio di sé: un’ossessione che la porterà al centro, pur se non del tutto volontariamente, di uno degli scandali sportivi più grandi di tutti i tempi.
Descritta da Gillespie come una vittima mediatica dell’indignazione generale, tradita dalle persone in cui ha sempre riposto fiducia e spogliata di ogni possibilità di riscatto, Tonya è una figura coriacea, outsider e dolente, schiacciata da continue violenze fisiche e psicologiche (non solo di sua madre, ma anche del marito Jeff Gillooly) e privata, alla fine, dell’unica cosa in cui riusciva nella vita.
Il quadro è amarissimo e pessimista, nonostante l’ironia a palate, le battute irresistibili e il ritmo trascinante. Ed è questo il miracolo di I, Tonya, quello di essere un film drammaticissimo, ma che fa ridere a crepapelle e coinvolge dalla prima all’ultima scena. Gillespie abbandona la linearità narrativa e alterna al racconto biografico tradizionale le contraddittorie confessioni di ogni persona coinvolta nella vicenda e nella vita di Tonya, costruendo un quadro sfaccettato e ironicamente straniante.
Ciò rende I, Tonya un film libero e originale, dinamico ed elettrizzante, illuminato da una Margot Robbie straordinaria, alle prese con un ruolo di grande complessità: la sua Tonya non diviene mai una macchietta, ma sprigiona tutta la determinazione, la rabbia e il dolore di una donna ripetutamente sfruttata e mortificata.
Una satira nerissima e politicamente scorretta, senza un briciolo di pietismo o morale: un biopic atipico, sfrontato, schierato, assolutamente imperdibile.
Alberto Leali