Norman Oppenheimer è un modesto faccendiere ebreo di New York alla disperata ricerca di amicizie che possano cambiargli la vita. D’altronde, tutta la sua vita consiste proprio nel cercare di soddisfare le necessità altrui, nella speranza di ricevere in contraccambio rispetto e ammirazione. Un giorno, riesce ad avvicinare un uomo politico israeliano, Micha Eshel, comprandogli un costosissimo paio di scarpe. Quando questi diverrà il premier del suo Paese, per Norman arriva quel momento di svolta che ha sempre desiderato. Ma quanto durerà?
Il regista e sceneggiatore israeliano Joseph Cedar prende spunto da una figura archetipica, l’Ebreo cortigiano, che troviamo nella Bibbia ma anche in molta letteratura successiva, e la cala nell’attualità, costruendo l’inedito personaggio di Norman Oppenheimer. Un uomo che mette tutto se stesso al servizio di un potente, per poi ritrovarsi vittima di invidie e ostilità. Il fine di Norman è quello di soddisfare i bisogni degli altri, facendosi apprezzare e rendendosi quasi indispensabile, per avere accesso al potere e all’ambito giro di quelli che contano. In realtà, Norman non ha granché di reale da offrire, ma fa di tutto per guadagnarsi la fiducia della persona che cerca di attirare, anche a costo di risultare fastidioso. Nonostante le sue millanterie e le sue mezze verità, non ci sono cattiveria o invidia in lui. Norman ha solo bisogno di sentirsi accettato e riconosciuto: quello che cerca è, però, un riconoscimento umano, prima che politico o finanziario. Norman dipende dall’approvazione altrui e dal bisogno che gli altri hanno dei suoi favori; ed è proprio questo che fa sì che quelli come lui divengano sacrifici necessari per un bene superiore, di cui tanto nessuno ricorderà mai il nome. L’originalità e la bellezza del personaggio di Norman è che, nonostante il suo essere appiccicoso e irritante, risulta anche tenero nella sua piaggeria, infantile nel suo modo di raccontare le storie, puro nella sua bontà così naif. La verità è che un personaggio come Norman suscita empatia e comprensione, perché ne cogliamo la profonda solitudine, che lo spinge a comportamenti di mera sopravvivenza.
Joseph Cedar, con ironia amara e disincantata, dipinge in “L’incredibile vita di Norman” un personaggio straordinariamente complesso e regala a Richard Gere uno dei ruoli più belli della sua carriera, in cui l’attore si cala con eccezionale mimetismo.
“Il mondo di oggi si basa su trattative e compromessi – afferma Richard Gere alla conferenza stampa romana del film – Nessuno è più spinto dal senso morale. Norman rispecchia i nostri tempi: è come se tramite lui ci guardassimo allo specchio, ma la sua storia potrebbe anche esserci utile a modificare i nostri comportamenti. Norman nonostante tutto ha un cuore d’oro; è gentile, generoso, vorrebbe rendere felici gli altri, per essere incluso nelle loro vite. Ho amato profondamente la scena in cui, inginocchiandosi, mette la scarpa a Micha Eschel. Ha un valore simbolico molto potente, ma è anche un po’ come una fiaba, come Cenerentola. E’ il momento in cui si crea un rapporto di fiducia, quasi una promessa. E quando ritroviamo Norman in fila per stringere la mano al primo ministro, vediamo un’amicizia, lasciata in sospeso, che si rivitalizza. Anche se di amicizia non si tratta, perché questa non può sopravvivere al compromesso. In ogni cultura e in ogni settore esiste un Norman e credo che tutti noi ne conosciamo uno, è quasi una figura universale. E poi, in fondo, tutti vogliamo le stesse cose, perché abbiamo gli stessi impulsi, gli stessi desideri, qualunque sia la classe sociale o l’ambito professionale a cui apparteniamo“.
Norman ci appare per tutto il film con il suo cappotto di cammello e con gli auricolari sempre nelle orecchie, che parla, telefona, millanta, s’intrufola, consegna e riceve bigliettini da visita, e spesso viene sbattuto fuori dalle case della gente o snobbato da chi legge il suo nome sul display del cellulare.
“Decido io come interpretare il personaggio – continua Gere – anche se sono aperto a ricevere suggerimenti da tutti. Joseph Cedar voleva inizialmente cambiare i miei tratti somatici per far sì che non fossi troppo associabile ai miei personaggi precedenti. Gli ho suggerito io le orecchie a sventola di Norman. Lui è il tipico personaggio newyorkese che frequenta la upper class, non ho quindi faticato molto a immaginarmelo. Si è quasi materializzato da solo“.
Quello di Norman è un personaggio che ci sembra lontano anni luce da quelli che Richard Gere ha finora interpretato.
“In realtà mi sembra di continuare a fare gli stessi film di tutta la mia carriera – afferma l’attore – Film drammatici di registi interessanti, con la differenza, però, che non sono più prodotti dagli studios, ma sono produzioni indipendenti. I budget, infatti, sono sempre più bassi e i tempi di realizzazione più brevi, bisogna correre“.
Alberto Leali