E’ il film italiano che più ci ha entusiasmato di quelli visti quest’anno al festival di Venezia. “Veleno” è un melodramma politico ispirato alla storia vera di Arcangelo Pagano, un agricoltore morto di tumore nella Terra dei Fuochi, dopo aver combattuto contro la malavita locale. Il secondo film del regista Diego Olivares affronta una tematica forte con una visione dal basso, raccontando la storia di una famiglia, due fratelli e le loro rispettive mogli, distrutta dalle ecomafie. Lo fa con un efficacissimo realismo della messinscena, facendo recitare gli straordinari protagonisti in dialetto stretto casertano e indugiando sulla natura ferita ma mutevole.
Lo scenario è quello di una moderna tragedia greca, in cui spicca la figura di una donna, interpretata da Luisa Ranieri nella più bella interpretazione della sua carriera, che non si arrende alla connivenza e alle lusinghe del denaro facile, lottando eroicamente per le proprie radici.
Cosimo (il bravissimo Massimiliano Gallo) e suo fratello Ezio (Gennaro Di Colandrea) subiscono continue intimidazioni da parte della mafia, perché vendano le loro terre, su cui si vuole ampliare una discarica che nasconde rifiuti illegali. Solo il primo resiste strenuamente contro questa violenza, coadiuvato dalla moglie Rosaria (Luisa Ranieri), in attesa del loro primo figlio. Un terribile tumore abbatterà Cosimo, ma non la forza di Rosaria. Il cattivo è rappresentato dal giovane avvocato Rino Caradonna (Salvatore Esposito), che aspira anche a diventare sindaco del paese: faccia pulita di un business sporco.
Esposito, visto nella fortunata serie Gomorra, veste i panni di un uomo accigliato, spregevole, ma pieno di contraddizioni: non è, infatti, solo un personaggio corrotto e senza scrupoli, ma possiede anche una propria etica che lo condurrà verso l’autodistruzione.
Un film nobile e attualissimo, drammatico ma non disperato, senza pietismi e senza sbavature. Un’opera corale, in cui ciò che accomuna tutti “è proprio quel veleno, che dalla terra arriva alle piante, all’acqua, ai corpi e che spesso finisce per corrompere anche gli animi. Un male che fa vincere la paura, la diffidenza e l’indifferenza, che rende solidali e partecipi solo quando arriva a colpirti direttamente, che porta a difendere il tuo ma che spesso fa perdere il senso di comunità, di appartenenza, di difesa del bene comune”, come ha affermato il regista.
Al cinema dal 14 settembre.
Alberto Leali