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Generazione romantica di Jia Zhangke è un film che si rivolge a un pubblico preparato, capace di apprezzare il cinema come una sorta di archivio vivo che continua a riannodare i fili di una storia in perenne trasformazione. Attraverso una struttura frammentata e non lineare, il regista cinese esplora venti anni di cambiamenti sociali e culturali in Cina, utilizzando il passato come punto di partenza per interrogarsi sul presente e sul futuro di una nazione in continua evoluzione. La storia, a tratti ermetica, ci porta nel 2001, quando due giovani, Guo Bin e Qiaoqiao, si separano all’indomani di un conflitto legato alla crescente modernizzazione della Cina, e si ritrovano due decenni dopo, nel 2022, quando la pandemia da Covid-19 ha ulteriormente destabilizzato un paese già in bilico.
Jia Zhangke utilizza il film non solo come racconto di una storia d’amore incompiuta, ma come un’opera di autocitazione, in cui i temi e le immagini dei suoi lavori passati si intrecciano e si sovrappongono. L’utilizzo di materiali girati nel corso degli anni – da pellicole 16mm a riprese con intelligenza artificiale – dà vita a un mosaico visivo che riflette la molteplicità di stili e formati, creando un’esperienza sensoriale che rimanda al ritmo convulso del progresso.
Il personaggio di Qiaoqiao, interpretato dalla musa di Jia Zhangke, Zhao Tao, emerge come simbolo di un’identità fluida e in continua trasformazione. Nel film, il suo mutismo simbolico si fa portavoce di un cambiamento profondo e inesorabile che riguarda tanto il suo rapporto con Guo Bin, quanto la Cina stessa. La separazione dei due protagonisti è una metafora del distacco tra il passato e il presente, tra una realtà ancora ancorata alle tradizioni e una spinta verso un futuro sempre più globalizzato e tecnologico. Incontrandosi nuovamente nel 2022, i due si trovano a misurare la distanza che li separa, non solo fisicamente, ma soprattutto emotivamente, in un mondo che ha ormai fatto della comunicazione digitale il suo motore principale. La telefonata tramite SMS di un Nokia diventa l’allegoria di un’era che si è definitivamente chiusa, sostituita da una nuova era segnata dalla frenesia e dall’isolamento.
L’approccio di Jia alla narrazione è quello del distacco, quasi a voler far risaltare il flusso del tempo e le trasformazioni della società. La sua capacità di mischiare documentario e finzione, realtà e finzione, si traduce in un’esperienza che affonda le radici nella memoria storica della Cina e nelle sue contraddizioni più profonde. Generazione romantica non racconta solo la Cina, ma anche il suo popolo, le sue speranze, i suoi sogni e le sue delusioni, osservando la solitudine che pervade le vite degli individui in un paese dove tutto sembra cambiare in fretta, ma dove le tradizioni sembrano perdersi sotto la spinta inarrestabile della modernità.
Il film è anche una riflessione sulla perdita: la perdita del passato, delle radici, ma anche della capacità di comunicare e di connettersi genuinamente con gli altri. La pandemia, che funge da cornice temporale, amplifica questa solitudine, simbolizzata dall’uso massiccio della tecnologia e dall’isolamento che essa comporta. Gli smartphone, i QR code, le interazioni mediate dalla rete diventano una rappresentazione visiva della disumanizzazione crescente in una società che, pur evolvendo rapidamente, sembra aver perso qualcosa di fondamentale lungo la strada.
Alla fine, Generazione romantica si presenta come un film sfaccettato e pieno di significati nascosti, che non si limita a raccontare una storia d’amore o una cronaca di trasformazioni sociali, ma si propone come una riflessione sulla difficoltà di vivere in un mondo in costante cambiamento, dove la velocità del progresso sembra travolgere ogni cosa. La Cina di Jia Zhangke è un paese che cresce, ma che, al contempo, rischia di perdere se stesso. La vita delle persone, schiacciata dalla modernità, è raccontata in modo intimistico e profondo, come un mosaico di frammenti che solo chi è in grado di leggere tra le righe può davvero cogliere. Un’opera che, pur non rivolta a un pubblico di “iniziati”, si conferma come uno dei film più affascinanti e complessi del regista cinese.
Ilaria Berlingeri