Adattamento de La morte di Belle di Georges Simenon, il film di Benoît Jacquot arriva in sala dal 13 marzo con Europictures
Il caso Belle Steiner, diretto da Benoît Jacquot, è un adattamento del romanzo La morte di Belle di Georges Simenon, ma con una rilettura che si sposta decisamente nel contemporaneo, pur mantenendo intatta la tensione psicologica tipica del noir. Il film, al centro dell’attenzione per le gravi accuse di violenza sessuale mosse contro il regista, attualmente in fase di inchiesta, si caratterizza per un intreccio coinvolgente e intriso di mistero.
Il caso Belle Steiner ruota attorno alla morte di Belle, una giovane ragazza ospite di una coppia di coniugi, Pierre (Guillaume Canet), insegnante di matematica, e Cléa (Charlotte Gainsbourg), proprietaria di un negozio di ottica, in una tranquilla cittadina di provincia. La scena del crimine è un enigma: Belle viene trovata strangolata nella sua stanza, nuda e senza alcun segno di violenza evidente. Pierre è l’unico presente in casa quella notte e ben presto diventa il principale sospettato, ma il suo comportamento enigmatico e il suo autocontrollo suscitano dubbi in chi lo interroga. Il film esplora un intricato gioco psicologico, dove la tensione tra fiducia e sospetto cresce costantemente.
Uno degli aspetti più affascinanti del film è la scelta di Guillaume Canet nel ruolo di Pierre. La sua interpretazione, calibrata e misurata, porta sullo schermo un uomo apparentemente inoffensivo, ma inquietante nella sua riservatezza. Canet è capace di esprimere una vasta gamma di emozioni tramite il suo volto rassicurante, ma la sua ambiguità rende ogni sua azione un possibile indizio della sua colpevolezza, amplificando il dubbio nell’animo dello spettatore. La sua presenza sullo schermo diventa il nucleo stesso del mistero, una figura che non riesce mai a farsi comprendere del tutto, ma che resta costantemente sotto osservazione.
Charlotte Gainsbourg, nei panni di Cléa, contribuisce in modo determinante a creare l’atmosfera di sospetto che permea l’intera pellicola. La sua interpretazione di una donna tormentata dalla fiducia tradita è convincente, e la sua interazione con Pierre è fondamentale per mantenere il delicato equilibrio tra fiducia e dubbio.
Se, da un lato, la regia di Jacquot risulta elegante e minimalista, con un uso frequente di campi e controcampi, dall’altro non riesce a rendere sempre giustizia alla crudezza del romanzo di Simenon. Il film non è mai veramente “toccante” come avrebbe potuto essere, e l’approccio stilistico di Jacquot si rivela in alcuni frangenti troppo distaccato, come se cercasse di mantenere un equilibrio tra l’essenzialità del racconto e il bisogno di esplorare l’oscurità dei personaggi.
Anche alcune scelte stilistiche, come il montaggio che risolve in maniera troppo rapida e sbrigativa alcuni temi, rischiano di smorzare l’impatto emotivo di alcune sequenze cruciali. La sottile, ma innegabile, ambiguità morale che il film suggerisce non sempre riesce a materializzarsi appieno, lasciando lo spettatore con la sensazione di essere rimasto al di fuori dell’intreccio emotivo che avrebbe potuto rivelarsi più profondo.
Il caso Belle Steiner resta, però, un noir dalla trama che affascina e dai personaggi ben costruiti, in grado di sollevare interrogativi morali e psicologici sull’essenza stessa del crimine e della verità.
Ilaria Berlingeri