Tra satira sociale e fantascienza distopica, arriva al cinema il 6 marzo con Warner Bros. Pictures
Se con Parasite ha scosso le coscienze attraverso la critica sociale travestita da commedia nera, con Mickey 17 Bong Joon-ho affonda la lama della satira in un altro universo, quello della fantascienza, pur mantenendo il suo sguardo acuto sull’umanità. Il film, tratto dal romanzo Mickey7 di Edward Ashton, porta lo spettatore nel 2054, in un mondo dove la tecnologia ha raggiunto vette incredibili, ma il cuore del sistema rimane inesorabilmente marcio, con la lotta per la sopravvivenza e le disuguaglianze sociali a farla da padrone.
La trama ruota attorno a Mickey, un “expandable”, un essere umano considerato sacrificabile. Interpretato da Robert Pattinson, Mickey è il diciassettesimo clone di una lunga serie di “dispersi”, ognuno dei quali viene riprodotto attraverso una stampante 3D, mantenendo intatti i ricordi delle versioni precedenti. Questi cloni sono utilizzati per compiere lavori rischiosi su un pianeta gelido e ostile, Niflheim, dove gli esperimenti scientifici sono all’ordine del giorno. Ogni volta che Mickey muore, un nuovo clone prende il suo posto, fino a quando non si verifica un errore che porta alla creazione di Mickey 18, lasciando il nostro protagonista a fronteggiare la propria esistenza clonata.
Non è la prima volta che Bong Joon-ho gioca con l’idea della “monetizzazione” della vita umana. In Mickey 17, però, l’approccio è più distopico, mettendo in scena una società governata da una dittatura capitalista impersonata da Kenneth Marshall, un imprenditore miliardario con una visione espansionistica di colonizzazione spaziale che non disdegna metodi poco ortodossi. Interpretrato da Mark Ruffalo, Marshall è una figura parodistica, una miscela tra Elon Musk, Donald Trump e i grandi despoti del passato, che sogna di creare una nuova civiltà umana sulla superficie aliena. Ma le sue ambizioni sono inservibili a una realtà fatta di sfruttamento e sacrifici, dove le vittime sono proprio i cloni, ridotti a mere pedine nella sua folle corsa al potere.
Il film non ha paura di mostrare l’atrocità del sistema da un punto di vista grottesco. La visione di Bong Joon-ho, in effetti, non è mai priva di una dimensione umana: Mickey, pur essendo un prodotto del sistema, ha una sua fragilità che lo rende tremendamente umano, nonostante le sue infinite morti. Pattinson riesce a portare il suo personaggio in bilico tra la tenerezza e l’assurdo, un eroe involontario che incarna la lotta di chi è destinato a non avere mai una vera identità, ma che nonostante tutto, continua a “resuscitare”, cercando la propria dignità in un mondo che non fa altro che spingerlo nel dimenticatoio.
La critica alla Silicon Valley, rappresentata da Marshall e dai suoi seguaci, è palese, ma ciò che rende Mickey 17 particolarmente interessante è la sua capacità di intrecciare la satira sociale con una visione della fantascienza che non ha paura di porre domande fondamentali sulla condizione umana. La clonazione qui non è solo un espediente narrativo, ma un commento sulla nostra società consumistica e sulla deumanizzazione che accompagna il progresso tecnologico. I cloni sono trattati come oggetti usa e getta, costretti a svolgere i lavori più pericolosi senza mai avere la possibilità di rivendicare il proprio posto nel mondo.
A livello stilistico, Mickey 17 è un’opera che non risparmia nulla. Bong Joon-ho crea un’ambientazione che richiama le immagini di un futuro deindustrializzato, con astronavi e basi spaziali dall’estetica rozza e quasi “archeologica”. Un mondo che, pur essendo all’avanguardia tecnologica, non è capace di evolversi eticamente. È un film che parla di lotte di classe, ma lo fa con un linguaggio visivo che è tanto pungente quanto bizzarro, mescolando il comico e il tragico. Le creature aliene, i “creepers”, che popolano Niflheim, sembrano un altro simbolo di questo mondo che rifiuta la vera evoluzione, ma che offre sempre nuove opportunità per chi è disposto a sacrificare tutto per il potere.
Mickey 17, pur sembrando un’opera leggera e divertente, non nasconde la sua feroce critica alla società contemporanea. Bong Joon-ho ribalta la classica narrazione del “prescelto” che salva l’umanità, proponendo al contrario un personaggio che è esso stesso sacrificabile, ma che nella sua assurdità diventa una sorta di eroe nel rifiuto del sistema che lo ha creato. In questa visione, la tecnologia non è la chiave della salvezza, ma uno strumento di oppressione che perpetua le disuguaglianze sociali.
Con Mickey 17, Bong Joon-ho ci regala un film che non è solo un viaggio nel futuro, ma un’analisi profonda e satirica del presente. Il regista riesce a coniugare la sua maestria nella narrazione visiva con un’affilata critica sociale, creando un’opera che, pur nella sua dimensione sci-fi, parla del nostro mondo, delle nostre disuguaglianze e delle forze che cercano di controllare il nostro destino. E, come sempre, lo fa con uno sguardo che non perde mai la sua capacità di farci ridere, ma anche di farci riflettere.
Federica Rizzo