In scena dal 5 al 9 febbraio, ideato e diretto da Liv Ferracchiati
Dal 5 al 9 febbraio il Teatro India ospiterà La morte a Venezia, uno spettacolo che combina parola, danza e video per una libera interpretazione del celebre romanzo di Thomas Mann. Non si tratta di un semplice adattamento teatrale, ma di una riflessione intensa e contemporanea sulla contemplazione, sul rapporto tra pensiero e corpo e sul legame tra morte e atto creativo.
Ideato e diretto da Liv Ferracchiati, autore e regista pluripremiato, lo spettacolo propone una messa in scena innovativa che unisce il linguaggio drammaturgico a quello fisico e visivo, in un dialogo che esplora la relazione tra realtà e immaginazione. Ad affiancarlo sul palco, Alice Raffaelli, interprete e coreografa, mentre la voce di Tadzio è affidata a Weronika Mlòdzik.
Uno spettacolo che reinterpreta lo sguardo
Al centro della rappresentazione c’è il concetto di sguardo. Ferracchiati spiega che l’opera non si concentra sul tema dell’omoerotismo o sulla differenza d’età, ma sull’incontro tra Gustav von Aschenbach e Tadzio: «Nulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo», cita il regista dalle pagine di Mann.
A Venezia, i due personaggi vivono un dialogo silenzioso, uno scambio che si manifesta attraverso gli occhi e i gesti. «Una macchina fotografica su un treppiede al limitare delle onde e uno scrittore che muore su una spiaggia per aver mangiato delle fragole contaminate dal colera, simbolo dell’inesplorato che c’è in ognuno di noi», prosegue Ferracchiati.
La parola come terzo personaggio
Un elemento chiave dello spettacolo è la presenza della Parola, che diventa quasi un personaggio autonomo. «Il tentativo è di avvicinare i due personaggi a noi e, allo stesso tempo, di raccontare la fatica di scrivere e di come questa fatica, alla fine, sia squarciata da momenti rari, bellissimi e terribili, fatti di incontri con altri esseri umani. Ironicamente, terzo personaggio è la Parola, che prima cerca un’armonia in una forma cristallizzata e poi si libera, si concretizza, si accende, ritrova una sua forma estrosa, per quanto ridicola e vana di fronte all’irraccontabile».
Con le scene curate da Giuseppe Stellato, i costumi di Lucia Menegazzo e il suono di Spallarossa, La morte a Venezia è una produzione di Marche Teatro, Teatro Stabile dell’Umbria e Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, in collaborazione con la Fondazione Piccolo Teatro di Milano e il Festival dei Due Mondi di Spoleto.
Un’occasione imperdibile per immergersi in un’opera che unisce profondità letteraria e forza scenica, trasformando l’incontro tra sguardi in un’esperienza universale.
Alberto Leali