Dal 26 settembre al cinema con 01 Distribution
Presentato fuori Concorso a Venezia 81, Il tempo che ci vuole è un racconto molto personale che ci guida dentro il passato della regista Francesca Comencini, in particolare nel suo rapporto con il padre, Luigi, e con il cinema.
La storia inizia proprio dall’infanzia, tenera e giocosa, della regista. Siamo nei primi anni ’70, Luigi Comencini sta per cominciare le riprese di quel “Le Avventure di Pinocchio” che diventerà un pilastro della nostra narrazione televisiva. Francesca lo segue dentro questo mondo, fatto di immaginazione e di bellezza. Facciamo, poi, un salto temporale ed ecco che ci ritroviamo nel 1978, nell’adolescenza turbolenta della regista, immersi completamente negli anni di piombo e nell’epoca della Contestazione. Fino ad arrivare ad una maturità all’insegna dell’unione, finalmente ritrovata, grazie alla sola passione che accomuna Francesca e suo padre: il cinema.
Il tempo che ci vuole è un film onesto, sincero, a tratti difficile, perché affronta tematiche spinose, come la tossicodipendenza della protagonista.
Un’opera affascinante, malinconica che scava nei ricordi più intimi della regista, ma che riesce, attraverso l’arte cinematografica, ad essere universale. Il cinema, infatti, diviene lo strumento salvifico, l’unico in grado di farci evadere dalla realtà e di trasportarci, attraverso l’immaginazione, in un mondo senza problemi.
Francesca Comencini confeziona, così, un’opera delicata e commovente, in cui la fanno da padrone le indelebili prove dei due attori protagonisti: il sempre ottimo Fabrizio Gifuni e l’astro nascente Romana Maggiora Vergano.
Un film che intreccia indissolubilmente il cinema, la Storia e la vita con uno sguardo personale sì, ma mai invadente.
Federica Rizzo