In concorso alla 81ª Mostra del Cinema di Venezia, arriverà nelle sale italiane con 01 Distribution
Dopo Jackie (2016) e Spencer (2021), Pablo Larraín conclude la sua trilogia di ritratti al femminile con Maria, un viaggio psicologico e sentimentale nell’ultima, angosciante settimana di vita di Maria Callas.
16 settembre 1977. Maria Callas muore nel suo appartamento parigino, al 36 di Avenue George Mandel, all’età di 53 anni. La sua carriera di attrice era morta molto prima a causa di uno sforzo vocale, forse dovuto a un’estrema perdita di peso. Il film passa immediatamente a un primo piano in bianco e nero di Angelina Jolie che interpreta la Callas, prima di tornare indietro nel tempo di una settimana, l’ultima di vita della cantante.
Come era già accaduto nelle sue precedenti opere, Larraín sceglie un particolare momento della vita della sua protagonista, per poter, poi, attraverso la familiare struttura narrativa del flashback, raccontare la nascita della diva, ma anche la vita sentimentale e privata della donna. Maria gioca con l’idea del successo come prigione, offrendoci uno spettacolo toccante, una lirica struggente tra follia, disperazione e malinconia.
Larraín esplora la Callas ma non ha alcun interesse a definirla, spiegarla o inchiodarla. Se Jackie Kennedy e Diana Spencer erano due donne che lottavano per non impazzire, Maria Callas è una donna in pace con la sua follia.
I tratti fisici della Jolie e il suo appeal sono ideali per la visione di Larraín e l’attrice fornisce un’interpretazione ampiamente teatrale ed al contempo immersiva.
Elegante, raffinato, capace di toccare corde profonde, Maria ci lascia in bilico tra realtà e fantasia, in un finale che da solo vale l’intera visione.
Federica Rizzo